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Sulle spiagge la sfida dei liberisti alle vongole

Come ci informa l’Ansa, pare che vi sarà una proroga di 30 anni per le concessioni demaniali marittime, in pratica per le spiagge. Il nuovo testo di parti del decreto sviluppo (articoli 33 e 34) presentato dai relatori in Commissione industria al Senato prevede infatti che la scadenza, precedentemente prorogata al 2015, venga spostata ulteriormente in avanti fino al 2045. Per la soddisfazione dei proprietari di stabilimenti balneari che da tempo hanno ingaggiato una furiosa lotta alla possibilità che nel nostro Paese, in accordo con quanto stabilito dalle direttive europee, la durata delle concessioni demaniali venga opportunamente accorciata, per stimolare la competizione tra quanti intendono concorrere ad aggiudicarsele e consentire allo stato di ottimizzare il rendimento degli attivi demaniali.

Attendiamo dettagli, ma a naso una proroga trentennale non pare il mezzo migliore per stimolare la competizione, che notoriamente in questo ridicolo paese vale sempre per gli altri. Dopo i pianti greci (scusate la macabra ironia) dei titolari di stabilimenti balneari, che paventano di finire in mezzo ad una strada, e dopo che i nostri assai sensibili politici hanno recepito i loro alti lai, andando a Bruxelles ad invocare la solita “eccezionalità” della situazione italiana (un paese anormale, o più probabilmente subnormale), pare che ci avviamo al lieto fine per gli “imprenditori” balneari, sempre Europa permettendo.

Tra qualche tempo torneremo a parlare di insufficiente rendimento dei beni pubblici, e qualcuno chiederà la loro “privatizzazione”, senza se e senza ma. Che di solito qui da noi vuol dire svendita a privati fuori da ogni parametro di redditività, ma non ditelo ai nostri liberisti, mi raccomando. Gli “imprenditori” balneari potranno continuare a piangere, dicendo che “c’è grossa crisi” e che le spiagge sono sempre più vuote, e magari ad un certo punto si metteranno pure a scioperare o a “sensibilizzare” il parlamento di turno per avere sussidi tali da reintegrarne la loro anemica redditività, perché i prezzi da noi sono notoriamente rigidi verso il basso, ad eccezione degli stipendi.

Ma l’importante è che qualcuno poi ci dica che abbiamo fatto grossi passi avanti nella modernizzazione del nostro sistema economico. Soprattutto nell’arte dell’imposizione fiscale, diremmo. Attendendo  le prossime Rosy Bindi ed i prossimi Nichi Vendola che ci parleranno dell’importanza di “colpire le rendite”.

@Phastidio



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