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Tutte le ombre sull’affare immobiliare di Grilli

Né il ministro dell’economia né il presidente del Consiglio potevano immaginare che l’agenzia americana Bloomberg potesse pubblicare un servizio al vetriolo che insinua una presunta evasione fiscale a carico dell’allora Ragioniere generale dello Stato.

La vicenda, ovviamente rimbalzata anche sui giornali italiani, riguarda una compravendita immobiliare effettuata da Vittorio Grilli nel 2004 ed avente ad oggetto un appartamento a Roma nel quartiere Parioli pagato circa un milione di euro e finanziato con un mutuo dal valore superiore del 40% a quello di acquisto. Secondo Bloomberg il complesso dell’operazione nasconderebbe una elusione fiscale: l’altissimo dirigente delle finanze italiane avrebbe in sostanza – e secondo l’accusa – dichiarato un prezzo inferiore a quello reale e avrebbe quindi pagato una parte del prezzo in modo non trasparente. Essendo oggi Grilli ministro dell’economia e collaboratore strettissimo di Mario Monti, è evidente che l’articolo di Bloomberg ha un effetto politico molto al di là del caso specifico peraltro risalente a otto anni fa.

Oggi tocca a due giornali dell’area di centrodestra fare le pulci al titolare di via XX settembre. Franco Bechis su Libero è riuscito a scovare non solo l’atto di compravendita stipulato presso il notaio Ignazio De Franchis ma anche il rogito firmato dall’acquirente (Grilli) con l’istituto bancario che gli ha concesso il mutuo ipotecario. Qui, è la tesi del vicedirettore di Libero, ci sarebbe la prova regina che incastrerebbe il ministro. Nel documento sarebbe scritto: “a detti immobili i contraenti attribuiscono il valore di euro 2.030.000,00”. In ragione di questo valore sarebbe stato concesso un finanziamento di 1,5 milioni sebbene il prezzo “ufficiale” sia stato la metà di quello stimato. Delle due l’una, è il retropensiero: o la banca è stata molto generosa o lo è stato il venditore.

E’ proprio su questa figura, il banchiere Tosato, che si sono concentrati Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica su Il Giornale. I segugi della giudiziaria in carico al quotidiano della famiglia Berlusconi hanno ricostruito il rapporto del vicepresidente della fund manager “Schoreders Plc” con Grilli. Risulterebbe, secondo Chiocci e Malpica, una partecipazione comune nella “Cortina srl” che gestisce il campo da golf nella rinomata località delle Dolomiti. La cosa risulterebbe in contraddizione con la dichiarazione ufficiale sulla trasparenza patrimoniale del ministro dell’economia dove di questa quota sociale.

In questo contesto di accuse che ricorda il caso Montecarlo che vide protagonista Fini, il Corriere della Sera ha offerto una chiave di lettura diversa. Si tratterebbe infatti secondo il giornale di via Solferino di una campagna se non orchestrata dall’ex moglie del ministro dell’economia comunque a lei favorevole nel suo esito. In questi giorni infatti si discute sulla causa di divorzio ed è chiarissimo che la precedente signora Grilli avrebbe un vantaggio non marginale se il valore del patrimonio dell’ex consorte fosse stimato il doppio di quanto non risulti attualmente. Quando ci sono scandali di questo genere, i vecchi cronisti si rifanno sempre all’antica formula “Cherchez la femme”. Chissà se anche in questo caso si tratta di una vicenda nata nelle pieghe di una relazione conclusa male.

Quel che è certo è che l’insinuazione che è stata lanciata da Bloomberg e cavalcata dai media berlusconiani ha effetti non positivi né sulla figura di Grilli (già sottoposto ad altre polemiche nei mesi scorsi) né sul rigore del governo (“predica bene, razzola male” sarebbe la tesi di fondo degli ambienti del Pdl, quasi ad autogiustificare le scelte fatte in passato dal loro leader). La macchina del fango, se c’è, è funzionante e minacciosa di non arrestarsi. Anzi.


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