L’Iran deve trovare soluzioni all’eccessiva dipendenza dalle esportazioni petrolifere. Occorrono nuove vie per far ripartire l’economia, che accusa gli effetti delle sanzioni internazionali e della diminuzione delle entrate, ha ammesso lo stesso presidente Mahmoud Ahmadinejad.
A lungo il petrolio è stata la spina dorsale dell’economia iraniana, contribuendo all’80 per cento delle entrate di valuta estera nel Paese. Le sanzioni contro il programma nucleare hanno tuttavia tagliato fuori il Paese dal sistema bancario con misure che colpiscono l’istituto centrale attraverso cui passano i pagamenti del greggio, quando le importazioni dell’oro nero dall’Iran non sono totalmente vietate.
“Dobbiamo trovare altri canali per far arrivare ricchezza e soldi nel Paese”, ha detto ai deputati sottolineando la necessità di diversificare gli investimenti in modo da non far pesare tutta l’economia sulla sola capitale che oggi contribuisce al 25 per cento del prodotto interno lordo.
Ahmadinejad non ha mancato di sottolineare che i nemici dell’Iran stanno usando i punti deboli del sistema Paese per attaccarlo. La ricetta presidenziale al momento non piace tuttavia ai deputati in maggioranza contrari al presidente che ha chiesto loro di sbloccare i tagli ai sussidi sull’energia di cui godono gli iraniani. Per mitigare l’impatto ai cittadini saranno corrisposti pagamenti in contanti mensili, riporta la Reuters.
I parlamentari, che hanno bloccato la seconda fase della riforma, imputano tuttavia alla riduzione dei sussidi iniziata già dal 2010 un aumento dell’inflazione. Il presidente continua a difendere il piano che comprende anche una riforma delle banche e che considera un modo per ridurre le disuguaglianze e dare una scossa alle regioni rurali più povere, oltre a essere un tentativo di frenare gli effetti delle sanzioni.
Secondo quanto riporta il Financial Times, sono in molti a ritenere impercorribile la strada indicata dal presidente il cui secondo mandato scadrà a giugno e cui la Costituzione impedisce di correre per un terzo. Per molti commentatori i richiami populisti di Ahmadinejad servono ad accaparrasi le simpatie della popolazione nello scontro di potere in atto, mentre tesse le alleanze per la sua successione. Non a caso tra le misure proposte ci sono la redistribuzione dei terreni non utilizzati e la creazione di 400mila posti di lavoro nell’allevamento. Non è tuttavia chiaro quanto l’eventuale no del Parlamento possa fornire al presidente argomenti per addossare la colpa della situazione economia sui suoi oppositori, nota il FT.
Chi continua a sostenere che le sanzioni non avranno successo è invece l’ayatollah Ali Khamenei. La Guida suprema fa affidamento sulla tenacia degli iraniani che tollereranno le ristrettezze perché consci che la causa di tutto è la strategia del nemico. Certo prima delle ammissioni presidenziali è stato il presidente del Comitato parlamentare per il bilancio a parlare dei danni provocati dalla “guerra economica” contro Teheran e delle entrate dell’export di petrolio e gas in calo del 45 per cento.