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Che cosa succede nel sito In Amenas

Non si è ancora conclusa l’operazione dell’esercito algerino nel sito gasiero di In Amenas, dove quel che resta del gruppo di terroristi che ha assaltato il campo è asserragliato in una palazzina di alloggi del compound. E regna l’incertezza sul numero delle vittime del blitz, così come sulla sorte di almeno 30 ostaggi stranieri che mancano all’appello. Fonti della sicurezza hanno riferito all’agenzia Aps che nell’azione militare sono rimasti uccisi 12 ostaggi (tra algerini e stranieri, di cui pero’ non si conosce la nazionalita’) e 18 terroristi. E che sono stati liberati 573 ostaggi algerini e un centinaio di stranieri, su un totale di 132. Parigi ha confermato l’uccisione di un suo cittadino mentre altri 3 francesi sono stati salvati. E per l’Aps, tra gli ostaggi rimasti uccisi c’è anche un americano.

Pur nella tensione e nell’incertezza del momento, il governo algerino sottolinea che l’esito dell’operazione, “al netto” delle vittime, si deve comunque considerare un successo per l’alto numero di ostaggi liberati. “Abbiamo evitato il disastro”, è stata la replica di Algeri alle critiche dei Paesi di provenienza di molti ostaggi preoccupati dal blitz.

Numeri su numeri, ma quello degli ostaggi ancora in mano agli uomini dell’emiro Moctar Belmoctar resta incerto. I terroristi da parte loro stanno giocando tutte le loro carte ben sapendo che hanno davanti le truppe migliori del ministero dell’Interno algerino, quelle che, nelle foreste della Cabilia, insieme all’Esercito hanno ingaggiato con gli jahidisti una sanguinosa e quotidiana partita. Gente dura, come ha avuto modo di capire un terrorista catturato vivo e che, interrogato, ha subito cantato, rivelando numeri, nomi, armamento, provenienza dei suoi colleghi. Tra i quali anche un misterioso canadese.

Per liberare gli ostaggi, hanno detto i terroristi, vogliamo che escano dalle prigioni americane l’emiro cieco, Omar Abdel Rahman, condannato all’ergastolo per l’attentato al Wtc del 1993, e la scienziata Aafia Siddiqui, che resterà in galera per 86 anni per avere ceduto segreti nucleari. Una richiesta che sanno bene mai sarà accettata dagli Stati Uniti – che infatti hanno già rispedito la richiesta al mittente – ma che forse serviva a dare più tempo alla trattativa, che appare con risicatissimi margini di riuscita, vista l’intransigenza mostrata da Algeri.

Il compound di In Amenas è stato teatro oggi di una operazione di bonifica da parte dell’esercito che ha cercato di scovare eventuali nascondigli dove i terroristi possano avere trovato riparo, mentre tecnici della Sonatrach, l’ente energetico algerino, hanno messo in sicurezza gli impianti, da dove passa molta parte del gas esportato in Europa, anche per dare garanzie alle compagnie straniere, che hanno bisogno di una iniezione di fiducia.

Dopo l’attacco, che ha decapitato il gruppo dei terroristi con la morte dei due comandanti sul campo (Lamine Boucheneb, capo della brigata “I figli del Sahara per la giustizia islamica”, e Abous Al Bara Aljzairi, che dal campo teneva i contatti con i media amici) i terroristi hanno rarefatto le loro comunicazioni, ieri torrenziali, oggi ridotte a poche frasi, quasi tutte legate alla trattativa e ai suoi possibili sviluppi.

La diplomazia, intanto, macina giornate difficili perché l’Algeria sta cercando di ricucire i rapporti con i Paesi di cui sono originari molti degli ostaggi e che non sembrano avere metabolizzato, al di là delle frasi di facciata, un epilogo inatteso quanto drammatico. Il primo ministro Sellal e il ministro degli Esteri Medelci, con incontri e telefonate che hanno attraversato ogni continente, hanno ricevuto timidi appoggi, ma anche molti interrogativi, cercando di spiegare che l’Algeria non cederà mai ai ricatti e che non si puo’ permettere un attacco al cuore della sua economia.

Diego Minuti (Ansa)

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