Venerdì mattina, intervenendo alla trasmissione Radio anch’io, il futuro premier Pierluigi Bersani ha dichiarato:
«Dobbiamo vedere se l’obiettivo che ci siamo dati del pareggio di bilancio è centrato. Bisogna vedere se la crescita è quella delle previsioni e quanta polvere è stata messa sotto al tappeto. Certamente siamo usciti dal baratro, ma non condivido certi toni un po’ trionfalistici: il 2013 sarà un anno difficile»
Da questa frase di Bersani si possono anche cogliere alcune sfumature programmatiche.
Che sono quelle che di solito caratterizzano ogni cambio di governo (ma anche di leadership aziendale, di solito): si scopre il buco lasciato da precedente governo, lo si denuncia al popolo e si mette mano ad una manovra che è anche lo strumento per accelerare l’implementazione della propria agenda. Solo che questa volta lo scenario è diverso dal solito. Immaginiamo infatti che le ipotesi di crescita del Pil del governo italiano (e della Commissione europea, della Bce, del FMI, dell’Ocse, della bocciofila, della vostra portinaia) siano state troppo ottimistiche. Succede da inizio crisi, del resto.
Che accadrà se le stime di crescita risulteranno sbagliate per eccesso di ottimismo ed il nostro Paese mancherà il pareggio di bilancio, sia su base assoluta (cosa peraltro certa già oggi) che strutturale? Il premier Bersani che farebbe, in quel caso? Un suggerimento: non pensi neppure lontanamente di fare una manovra correttiva, magari tentando di barattarla in Europa con qualche embrione di “regola aurea” che esenti dal deficit gli investimenti pubblici, e che peraltro mai arriverebbe. Piuttosto, il premier Bersani punti i piedi e chieda un allungamento dei tempi di convergenza al pareggio di bilancio strutturale, se vuole evitare che andiamo ad ammazzarci.
Se invece il premier Bersani denunciasse il buco con l’intenzione di mettere mano ad una manovra salvifica e redistributiva, fatta di patrimoniali per tutti (perché anche i sassi sanno che quelle sui “ricchi”, quelli veri, non producono gettito sufficiente), magari dicendo che noi siamo i più europeisti di tutti perché rispettiamo i comandamenti ma facciamo anche equità, allora si porrebbe un problema. E pure serio. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi e la patrimoniale davanti ai contribuenti. Il tempo dirà.
(sintesi di un’analisi più articolata che si può leggere qui)