Il dubbio che il governo dei tecnici non sapesse far di conto è stato sollevato più volte da molti alla luce dei consuntivi (dei numeri). Esodati, tassa di possesso sulle barche, aumenti delle accise sui carburanti e Iva hanno contribuito a generare meno consumi, meno produttività e conseguenti minor introiti per l’erario, compensati nel 2012 solo dal gettito straordinario derivante dall’Imu, anche questa calcolata dai tecnici per difetto. Ma questa è storia.
Il dubbio però si rafforza oggi nella scelta di Monti di salire in politica e la nascita della sua “strana” coalizione, un mix di società civile e vecchia politica. Oggi, facendo una semplice media aritmetica tra i vari sondaggi, Mario Monti e la ompagine centrista composta da Scelta Civica, Udc e Fli sono attorno al 12%. Con questi numeri, a causa del complesso marchingegno elettorale previsto dal Porcellum, alla Camera in termini di seggi l’intera coalizione del Professore è destinata a pesare meno della sola Sel di Vendola.
Il polo montiano, in caso di vittoria del centrosinistra, sarà costretto a dividersi con gli altri perdenti meno della metà dei posti a Montecitorio. Vale a dire 273, quelli che spettano alle coalizioni sconfitte. Al Senato poi, la confusione appare scontata, aumentata ancor di più dall’accordo raggiunto tra Pdl e Lega che modificano il peso di una regione chiave come la Lombardia.
Quindi, complice la legge elettorale, con il 12% attuale (anche se dovesse salire fino al 20%) la coalizione di Monti peserà ancora meno in termini di poltrone rispetto al risultato potenzialmente raggiungibile. E questo perché, come detto, Bersani e Vendola, alleati dati oggi per vincenti, si divideranno i 340 posti previsti dal premio di maggioranza.
Alcuni esponenti e probabili candidati nella lista Monti e dei partiti alleati, da Olivero a Dellai fino a Bocchino, non si sono lasciati sfuggire, in maniera più diretta i primi due, più velatamente l’ex pidiellino finiano, che il reale obbiettivo di Monti è quello di contrastare la vittoria di Bersani, offrendogli un’alternativa a Vendola. Una sorta di compromesso storico 2.0. Nel contempo, Monti ha affermato la sua assoluta indisponibilità ad un ruolo di ministro in una possibile compagine di governo guidata dal leader del Pd.
Risultato? Date le premesse di cui sopra, sembra proprio un altro errore di calcolo da parte di Monti.
Dimenticavo le conseguenze per il Paese. Una sola: la paralisi. Di questi tempi, non è certo quello di cui abbiamo bisogno.
Romano Perissinotto
(membro del direttivo di Italia Futura Lombardia)