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Cronaca di una vittoria annunciata (di destra) in Israele

Claudia De Martino è ricercatore dell’Unimed a Roma. Ha ricevuto il dottorato di ricerca in Storia sociale del Mediterraneo all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Da quando, lo scorso ottobre, Netanyahu ha deciso di sciogliere anticipatamente il proprio governo e ha annunciato la fusione del proprio partito – il Likud – con un altro partito dell’aria nazionalista – Israel Beiteinu (Israele Casa Nostra) del ministro degli Esteri e vice primo ministro Avigdor Lieberman – è stato chiaro che la vittoria sarebbe andata all’unica forza maggioritaria capace di guidare stabilmente il paese per i prossimi cinque anni. La mossa di Netanyahu, infatti, non era altro che un tentativo di forzare i giochi e anticipare la formazione di un governo più forte, che avrebbe potuto fare a meno dell’appoggio dei partiti religiosi nella coalizione. Allora si parlava di un governo guidato dalla destra laica e nazionalista che avrebbe avuto i numeri necessari per riformare o revocare la famosa Legge Tal, che definisce i rapporti tra stato e ultraortodossi, permettendo l’esenzione di migliaia di giovani religiosi dal servizio militare e il loro sostentamento a spese dello Stato.

All’ordine del giorno sono invece tornate la questione degli insediamenti, il futuro della West Bank e dei Palestinesi che vi risiedono. Se l’ultimo governo Netanyahu ha inizialmente pagato un tributo simbolico al principio dei “due Stati per due popoli”, è chiaro che oggi la sua principale preoccupazione è incentivare la costruzione di nuovi quartieri ebraici nelle aree palestinesi sotto il controllo militare dell’esercito israeliano (la cosiddetta “area C” secondo la tripartizione degli Accordi di Oslo). Questo sia per far fronte alla pressione sociale legata al costo degli affitti, che per riaffermare il sostegno politico e simbolico del Likud-Beiteinu alla colonizzazione dei territori occupati: va in tale direzione la recente decisione in merito alla costruzione di 1.200 nuove unità abitative a Gerusalemme est.

La Casa Ebraica rappresenta una versione più estremista del Likud, tanto nella composizione delle liste che nella piattaforma politica. Se, infatti, il Likud-Beiteinu punta a parificare giuridicamente e politicamente gli insediamenti con il resto del territorio israeliano, HaBayit HaYehudi parla chiaramente di annessione formale delle colonie, con la possibilità di incorporare l’intera West Bank qualora il partito vincesse le elezioni. La Casa Ebraica, del resto, nasce proprio come un partito di coloni, gruppo che rappresenta quasi la metà dei suoi candidati, ispiratori di un’agenda “populista” che si batte per l’abbassamento dei prezzi dei generi alimentari e dei beni di prima necessità, inclusi gli affitti, e per la riduzione dell’inflazione. Oltre ai coloni, è un partito che vuole rappresentare quegli “ortodossi moderni”, che in Israele coniugano l’osservanza stretta dei comandamenti della Bibbia con carriere professionali e partecipazione nell’esercito. È dunque una sfida diretta per Netanyahu, alla ricerca anche del consenso dei nazionalisti laici (russi e non) che hanno tradizionalmente formato lo “zoccolo duro” del Likud e di Israel Beiteinu. Il mix di questi elettorati potrebbe facilmente spingere il futuro governo israeliano ancora più a destra.

Data l’analoga presa di posizione del partito HaTnuah (il Movimento) di Tzipi Livni, a Netanyahu restano appunto le due opzioni che abbiamo visto: l’alleanza con il partito di centro-sinistra Yesh Atid di Yair Lapid oppure con La Casa Ebraica. Il primo non porrebbe un serio ostacolo alla legalizzazione e annessione delle colonie, ma vorrebbe limitare il peso dei partiti religiosi. Una grande alleanza con HaBayit HaYehudi, invece, potrebbe includere anche altri partiti religiosi (ma difficilmente lo Shas, il partito etnico-religioso degli ebrei di origine dei paesi arabi, che è in rotta di collisione con i partiti “bianchi” dei russi rappresentati da Israel Beiteinu) e risulterebbe una forza maggioritaria nel paese.

Sintesi di un’analisi più ampia che si può leggere qui


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