A Vicchio, nel Mugello, il “guru” Rodolfo Fiesoli praticava abusi sessuali, pscologici e matrattamenti di ogni sorta sui minori che venivano affidati dal Tribunale alla cooperativa agricola che aveva fondato una trentina di anni fa, Il Forteto. Una struttura considerata un modello nell’accoglienza dei ragazzi in difficoltà, racconta il Corriere della Sera in un articolo di ieri che tratta di questa vicenda emersa in tutta la sua orribile chiarezza grazie a una commissione d’inchiesta del consiglio regionale toscano. Fiesoli ora è ai domiciliari dopo l’arresto del dicembre 2011 per reati di maltrattamento e violenza sessuale, dopo che anche nel 1985 fu condannato per questi tipi di reati.
Ma Vicchio, ironia della sorte, è anche il paese di Don Milani e della sua scuola di Barbiana, che tanto si è battuta per i minori disagiati di quella zona. Un impegno che è diventato un simbolo di rivalsa in un’Italia che ai figli delle classi operaie e contadine riservava al massimo i lavori dei padri e dei nonni. E ai quali Lorenzo Milani voleva invece dare le stesse opportunità delle classi agiate, rompendo quello status quo (come si direbbe ora con un termine che il sacerdote non avrebbe mai usato, nonostante la sua vasta cultura) che lui giudicava un abuso.
“Fra gli studenti universitari i figli di papà sono l’86,5 per cento. i figli dei lavoratori dipendenti il 13,5 per cento. Fra i laureati: figli di papà il 91,9 per cento, il resto quelli dei lavoratori dipendenti” scriveva Don Milani in “Lettera a una professoressa” del 1967 usando un vocabolario da lotta di classe sicuramente datato ma efficace. E poi: “Le segreterie dei partiti sono saldamente in mano ai laureati…anche nei partiti di massa. Anzi, è fine ‘essere coi poveri’. Cioè, volevo dire, ‘a capo dei poveri’” notava con un pizzico di arguzia il sacerdote.
Beh, nel 2013 anche Pierluigi Bersani ha “notato” che tra i candidati al Parlamento del Pd pochi sono gli operai…Così come l’Istat, che nel suo Rapporto 2012, ha evidenziato che “La classe sociale dei genitori condiziona fortemente il destino dei figli” dice il rapporto. Fra i giovani nati negli anni Ottanta è entrato negli atenei il 61,9 per cento dei figli delle classi cosiddette agiate, mentre solo il 20,3 per cento dei figli degli operai. Anche per quanto riguarda i dati relativi agli studenti che terminano il corso di laurea i dati sono molto diversi fra loro. “Nella generazione nata nel periodo 1970/1979 il 43 per cento dei ragazzi che giungono alla laurea fanno parte delle famiglie borghesi. Solo il 10 per cento sono figli di operai”.
Insomma, quasi niente è cambiato. L’ascensore sociale era fermo allora ed è fermo adesso, con l’impossibilità a creare una classe dirigente competitiva in grado di risollevare le sorti dell’economia in crisi da troppi anni senza che si intravveda la luce del fine tunnel.
“Dal 1945 al 1960 non c’è stata alcuna mobilità sociale. Negli anni successivi invece, la mobilità c’è stata eccome. Poi dagli anni ’90 a oggi si è nuovamente invertita la tendenza e la mobilità si è via via affievolita fino a essere oggi quasi pari a zero. Non c’è più espansione economica, il sistema liberista che si è imposto dagli anni 60 in poi, è un modello che premia pochi, ma a condizione che siano in grado di sottomettere gli altri”, ha commentato il sociologo Salvatore Palidda in una intervista al mensile E – Emergency, legando efficacemente i due fenomeni economico-sociologici.
L’unica soluzione di pregio è andare all’estero, come fanno sempre più i giovani (non più solo del Sud) che non trovano lavoro ne sbocchi gratificanti: se n’è occupato più volte il sociologo Ilvo Diamanti su Repubblica e lo racconta benissimo il documentario Ciao Italia di Barbara Bernardi e Fausto Caviglia, che parla di Berlino come posto di approdo per che vuole reinventare la propria vita interrotta in Italia. Ma così il nostro Paese disperde capitale umano, fondamentale per ricreare un nuovo ciclo econonomico positivo.
Quanto è lunga la strada tra Vicchio e Berlino?
Lungomare Italia