Pubblichiamo grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore l’editoriale di Italia Oggi scritto da Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e MF/Milano Finanza.
L’ipotesi che il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, possa essere ingolosito dal diventare presidente della Repubblica italiana e quindi lasci, a fronte di questa offerta, l’ente che oggi sta guidando, stava girando con insistenza nel mondo politico romano senza per questo essere mai uscita dal chiacchiericcio pre-elettorale.
Silvio Berlusconi, dicendosi entusiasta di questa proposta, ha fatto esplodere il problema e quindi ha impedito, probabilmente in modo involontario, che questa strumentalizzazione proseguisse.
L’idea di candidare Draghi alla presidenza della Repubblica era nata infatti nell’ambito del Pd come mossa per punire Mario Monti (che alla presidenza della Repubblica ambisce come poc’altri, oggi in Italia) per l’infedeltà che avrebbe commesso nei confronti del partito di Bersani, mettendosi alla testa della lista dei centristi, anziché sostare ubbidiente in panchina in attesa di eventi a lui propizi.
Ma Draghi, non appena è stata sollevata da Berlusconi la palla della sua candidatura al Quirinale, l’ha schiacciata immediatamente, dicendo che non ha alcuna intenzione di interrompere la sua attività all’Eurotower di Francoforte che lo vede impegnato fino al 2019. Draghi si è dimostrato, anche in questa occasione, una personalità seria oltre che di assoluto livello internazionale. E meno male, per l’Europa e non solo per l’Italia, che Draghi abbia detto che lui vuole restare alla guida della Bce e non intende quindi farsi distrarre da nessun’altra incombenza. Se la costruzione dell’euro sembra adesso stabilizzata (ma un anno fa erano molti che scommettevano che sarebbe andata in frantumi) e se, di conseguenza, per quanto ci riguarda, lo spread fra il titoli italiani e quelli tedeschi si è ridotto con una velocità e un’entità che hanno del miracoloso, questi fatti non hanno a che vedere con il governo Monti (stupisce che l’ex rettore della Bocconi, che queste cose le conosce, se ne arroghi il merito), ma con l’impegno espresso pubblicamente da Draghi di essere pronto a difendere con ogni mezzo l’euro.
Un impegno di questo genere è il frutto del grande prestigio internazionale di Draghi che gli ha permesso di avere la meglio sulle resistenze che sembravano insuperabili, fino a pochi giorni prima, di Angela Merkel e soprattutto della Bundesbank.