Nella Comunità Intelligence (CI) statunitense si sta sviluppando un importante progetto di condivisione del network informativo, basato sulla tecnologia del “cloud computing”.
Il National Institute of Standards and Technology (NIST) ha definito il “cloud computing”, nella sua “Special Publication 800-145” (The NIST Definition of Cloud Computing), come “un’architettura client-server che consente accessi, ubiqui ed on- demand, ad una determinata rete che contenga un insieme, condiviso e configurabile, di risorse informatiche (ad esempio, server, depositi di dati, applicazioni e servizi), rese disponibili con uno sforzo di gestione minimo o un’interazione con il fornitore di servizi”.
A regime, l’obiettivo del mega-cloud della CI statunitense sarà di creare un ambiente pan-agenzie, inducendo il superamento dei tradizionali “confini” entro i quali, tradizionalmente, i patrimoni di conoscenza vengono circoscritti tra le agenzie (confini, abitualmente forieri di ridondanze tra dati ed inefficienze di spesa). Inoltre, il progetto si pone come obiettivo “culturale”, quello di modificare l’atteggiamento tradizionale di “compartimentazione”, il cui residuo, nell’attuale mondo dell’intelligence, serve perlopiù a coprire le carenze conoscitive esistenti.
Tecnicamente, lo sforzo statunitense prevede un nuovo mega-cloud (che dovrebbe essere operativo verso il 2017) gestito dalla National Security Agency (NSA) comprendente i preesistenti sistemi di “cloud computing” delle agenzie di intelligence coinvolte e del FBI. L’interoperabilità prevista sarebbe unidirezionale, prevedendo l’integrazione della “cloud” della CIA con gli altri, ma tutelando quest’ultimo da accessi esterni nella sezione delle informazioni humint ivi contenute. Tra le risorse più importanti da condividere, per esempio, vi sono quelle del National Reconnaissance Office (NRO), responsabile della gestione dei satelliti spia statunitensi, il quale, con tale progetto, porrebbe a disposizione della Intelligence Community il proprio database di immagini satellitari.
Accessi più ampi, minori costi di gestione e maggiore efficienza nel lavoro attraverso l’impiego ottimale degli enormi volumi di dati a disposizione sono, dunque, le ragioni alla base del progetto tecnologico verso il cloud computing, anche se questo può essere definito come un vero e proprio cambiamento del modello di gestione dell’intelligence.
Dietro questo progetto di mega-cloud, infatti, vi è la creazione di un’architettura cloud-based sulla quale impostare una nuova Business Intelligence. Il cloud computing prevede, al riguardo, che i dati non risiedano in un singolo nodo, ma migrino tra differenti server man mano che il set di risorse informatiche di un’organizzazione si modifichi. Questo, per la Intelligence Community statunitense, comporterebbe risparmi di spesa ed aumento della produttività del lavoro, riducendo il numero di terminali informatici necessari e condividendo le risorse in tempo reale, creando un unico “insieme informativo virtuale”.
La policy di accesso ai dati è un momento fondamentale per l’architettura cloud-based. È tramite questa politica, infatti, che ogni Agenzia dovrebbe stabilire i permessi corrispondenti ad ogni risorsa da condividere, stabilendo regole e standard per la condivisione, ma aprendosi, con tutto ciò, ad un livello di cooperazione interorganismi senza precedenti.
Un ruolo fondamentale, nel superamento della tradizionale compartimentazione nell’intelligence, dovrà essere svolto dal Director of National Intelligence, il quale dovrà sovrintendere, indirizzare ed incentivare i vertici dell’intelligence statunitense ad accettare questa nuova modalità operativa.
Nel movimento verso una cloud-culture, ci sono questioni importanti da affrontare. Al di là di problemi di cyber defense (in questo contesto, da ritenersi improbabili), in primis, l’enorme ampiezza dei requisiti di connettività tra dati, come nel caso dei live streaming video, ottenuti dagli UAV nella segnalazione e nelle intercettazioni di dati, i quali dovranno essere posti in interazione con altre tipologie di dati. Complessivamente, il passaggio ad un mega-cloud richiederà un enorme sforzo di catalogazione, processamento, integrazione ed analisi di quanto disponibile al fine di poterlo includere nel processo decisionale.
Per tale motivo, l’Intelligence Community si sta orientando verso applicazioni esterne di big-data analysis, in grado di identificare e captare, anche in una infinta mole di dati, nuovi modelli e tipologie di informazioni. Tali strumenti, la cui tecnologia è sicuramente superiore alle capacità presenti nella IC statunitense (ma anche nelle IC di tutto il mondo), potrà costituire un nuovo incentivo per lo sviluppo dell’industria dell’Information and Communication Technology (ICT) mondiale.
Con l’introduzione del “cloud computing” nel comparto della sicurezza nazionale, muta, dunque, il paradigma dell’Information Security. Se, finora, l’attenzione principale era su come proteggere i sistemi informatici dai rischi del cyber-crime, con un simile mega-cloud diventa prioritaria la stabilizzazione della funzionalità dei servizi connessi all’infrastruttura ICT di supporto alla “cloud”.
L’adeguamento tecnologico al “mega-cloud” che la Intelligence Community statunitense realizzerà nei prossimi anni segue un processo di diffusione di questa modalità di data storage già ampiamente in atto a livello mondiale.
Nella sua Cloud Computing Strategy (CCS) del luglio 2012, ad esempio, il Dipartimento della Difesa statunitense ha caratterizzato la CCS come “un cambiamento strutturale profondo, sia dal punto di vista economico che tecnologico, con un enorme potenziale in termini di riduzione dei costi di gestione dei sistemi federali di Information Technology, migliorando nel contempo le capacità di IT ed incentivando l’innovazione nelle soluzioni di IT”.
Analogamente, già nel dicembre 2010, nell’ambito del progetto NATO Allied Command Transformation (ACT), la IBM ha avviato la creazione di un sistema di cloud-computing
per l’Alleanza Atlantica. Il progetto è sviluppato presso HQ SACT (Supreme Allied Commander Transformation) di Norfolk (Virginia), con l’obiettivo di creare un modello di “cloud computing” per integrare le tecnologie disponibili per i programmi di Comando e Controllo. Contestualmente, molti progetti tesi a migliorare la conoscenza delle tecniche di “cloud computing” sono stati avviati in seno alla Divisione C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) dell’Alleanza Atlantica, ed alla ACT Office of Security and Capability Engineering Division.
Il monitoraggio dei ricercatori dell’Istituto Machiavelli sullo spostamento della Intelligence Community verso il “cloud computing” rappresenta uno dei focus del programma di
studi sull’intelligence economica ROI (Return On Intelligence). L’IISS Machiavelli già nel febbraio 2012 nel paper su “La Quant-Intelligence. Economia e finanza quantitativa nell’intelligence dei Servizi segreti” (http://www.strategicstudies.it/wp-content/uploads/ 2012/03/IISS-Machiavelli-ROI-La-Quant-Intelligence.pdf) rilevava l’esigenza di migliorare la funzione dell’intelligence economico-finanziaria del Governo e proponeva, ai fini del contenimento della spesa, dell’efficacia dei costi e dell’efficienza dei risultati, l’istituzione di un’entità organizzativa che si dedicasse, in maniera unitaria, alle “strategie preliminari” in materia economica e finanziaria, come funzione consultiva del Primo Ministro.
Nel sopra citato paper si proponeva, per una siffatta Government Unit (GU), un impiego da parte del personale incaricato della tecnologia ICT più avanzata nell’intento di offrire una “sintesi” tra gli obiettivi di programma dell’Esecutivo, le dinamiche sistemiche (congiunturali e strutturali) dell’economia e la capacità di anticipare il “futuro prevedibile”.
La continua innovazione tecnologia non può prescindere dall’impiego del “cloud computing”, il cui avvento nella Comunità Intelligence è indicativo di un trend di anticipazione di un forte cambiamento nelle fondamenta dell’operatività dell’intelligence mondiale. Dietro la sua tecnologia innovativa, infatti, il modello consente di aumentare l’accesso all’immenso potere dell’Information Technology riducendo, contestualmente, sia i costi operativi che di gestione. Aspetto non indifferente nell’attuale crisi economico- finanziaria internazionale.
Cunctator è senior researcher dell’Istituto italiano di studi strategici “Niccolò Machiavelli”