Imprese e sindacati su un punto sono sostanzialmente d’accordo: serve ridurre la pressione fiscale, al momento elevatissima, sul lavoro per rilanciare investimenti e occupazione E, ad onor del vero, tutti i candidati alla corsa per Palazzo Chigi propongono ricette che vanno in questa direzione. Come anticipato, Formiche.net si avvicina alle elezioni con una guida che analizzi, argomento per argomento, le proposte dei principali partiti in campo. Vediamo quindi oggi nel dettaglio la parte relativa al fisco e alle imprese dei programmi di Popolo della Libertà, Centro e Partito Democratico.
Popolo della Libertà
Il partito di Silvio Berlusconi dedica il punto 8 del proprio programma – “dalla parte delle imprese, dei lavoratori, delle professoni” – alle riforme per il rilancio produttivo del paese. Anzitutto la misura che l’ex premier tanto ricorda nelle sue apparizioni televisione: il riconoscimento alle imprese, per le nuove assunzioni di giovani a tempo indeterminato, di una detrazione (sotto forma di credito d’imposta) dei contributi relativi al lavoratore assunto, per i primi 5 anni. Inoltre, una sostituzione dell’attuale sistema dei sussidi alle imprese con contestuale ed equivalente riduzione delle tasse su lavoro e produzione. E poi, il passaggio dalle autorizzazioni ex ante ai controlli ex post, pagamenti più rapidi da parte della P.A., l’utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti per finanziare l’innovazione e garantire i crediti alle esportazioni, maggiori liberalizzazioni, vantaggi fiscali per le imprese di giovani under 35, la risoluzione della questione esodati e il ritorno alla legge Biagi per uno “statuto dei lavori”.
Agenda Monti
Un po’ più generica è la parte dedicata alle imprese nel programma della coalizione di centro, formata dalla lista Scelta Civica con Monti per l’Italia, Unione di Centro di Pierferdinando Casini e Futuro e Libertà di Gianfranco Fini. Nell’agenda Monti si dice che “l’aggiustamento fiscale compiuto quest’anno a prezzo di tanti sacrifici degli italiani ha impresso una svolta. Con l’avanzo primario raggiunto, il debito è posto su un sentiero di riduzione costante costante a partire dal prossimo anno. Per questo – si legge -, se si tiene la rotta, ridurre le tasse diventa possibile”.
Di qui un impegno preciso. “Non appena le condizioni generali lo consentiranno” si provvederà a “ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa. Questa va comunque anche trasferendo il carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio. Servono meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali. In questo modo il fisco diventa strumento per perseguire anche obiettivi di maggiore equità nella distribuzione del peso dell’aggiustamento. Bisogna inoltre realizzare un nuovo patto tra fisco e contribuente per un fisco più semplice, più equo e più orientato alla crescita”. Inoltre completare la riforma del sistema tributario.
Nella prossima legislatura occorre poi migliorare la riforma del mercato del lavoro, che è stata “un passo in avanti fondamentale del nostro Paese verso un modello di flessibilità e sicurezza vicino a quello vigente realizzato nei paesi scandinavi e dell’Europa del Nord”. Per modernizzare il mercato del lavoro servirà “una drastica semplificazione normativa e amministrativa”, il “superamento del dualismo tra lavoratori sostanzialmente dipendenti protetti e non protetti” e “ridurre a un anno al massimo il tempo medio del passaggio da un’occupazione a un’altra”. Infine, occorre “una detassazione selettiva dei redditi di lavoro femminile, per dare una spinta decisiva all’occupazione femminile” e robuste politiche di conciliazione famiglia-lavoro.
Partito Democratico
Anche i progressisti condividono la necessità di ridurre il carico fiscale sul lavoro. “Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che, rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo – si legge nel programma del Pd – è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione, punti storicamente vulnerabili del nostro sistema. Quarto passo è mettere in campo politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile, ancora adesso uno dei differenziali più negativi per la nostra economia, in particolare al Sud. Serve un grande piano per aumentare e migliorare l’occupazione femminile, contrastare la disparità nei redditi e nelle carriere, sradicare i pregiudizi sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni. A tale scopo è indispensabile alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, sostenendo una riforma del welfare, politiche di conciliazione e condivisione e varando un programma straordinario per la diffusione degli asili nido.