Non si placa la pressione sul regime di Pyongyang affinché desista dal proposito di condurre un terzo test nucleare e test balistici. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha spiegato che gli Stati Uniti continuano nello sforzo di dissuadere la Corea del Nord da quelle che ha definito ulteriori provocazioni. Anche la Cina sembra pronta far pressioni su governo di Kim con l’invio di una delegazione per evitare tensioni nella penisola coreana. Il quotidiano Global Times, edito dal Quotidiano del Popolo, non ha escluso in un editoriale che Pechino possa ridurre gli aiuti verso il riottoso vicino se dovesse continuare con la minaccia del test nucleare.
La strategia nordcoreana, spiega Stratfor, è ben collaudata e consiste in tre stadi: mostrarsi prima prepotente e far sfoggio della propria potenza che siano i missili puntati su Seul o la minaccia nucleare sebbene ancora non disponga i testate in grado di essere montate su missili a lungo raggio; il secondo stadio è farsi vedere debole facendo leva sulle difficoltà economiche che farebbero della Corea del Nord un Paese senza nulla da perdere perché potrebbe collassare da sé. Infine fare la parte del regime pazzo e imprevedibile. Tuttavia, continua l’organizzazione privata di intelligence, la Pyongyang non è mai andata veramente oltre, calcolando attentamente le provocazioni per evitare che possano sfociare in guerra. Una strategia seguita anche da altri Paesi come a esempio l’Iran, il “miglior allievo di Pyongyang”.
Con la tensione che sale sia la reazione cinese, sia quella statunitense sia quella nordcoreana sembrano tuttavia rispolverare vecchi schemi. Come scrive Stephen Haggard del Peterson Institute la speranza è che sia la Corea del Sud di Park Geun-hye a mettere qualche idea nuova sul tavolo.