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Il Travaglio della Boccassini

Il prevedibile endorsement del Fatto Quotidiano quando Antonio Ingroia decise di lasciare la toga per la politica non ci fu. Anzi Marco Travaglio scrisse un editoriale dal titolo: “Meglio magistrato che candidato”. Ma ora che i giochi si fanno duri e per l’ex pm reo di essersi accostato al giudice Giovanni Falcone piovono critiche da ogni dove, per lui scende in campo l’amico Marco.

Il suo commento oggi in prima pagina sul quotidiano, Falconi e avvoltoi, è una chiara difesa del leader di Rivoluzione civile. E un atto d’accusa verso il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, che aveva definito “vergognoso” il paragone di Ingroia con il giudice ucciso dalla mafia.

Travaglio riprende la tesi dell’ex procuratore di Palermo secondo cui il paragone con Falcone e Borsellino non c’è mai stato. Per questo, secondo il giornalista, “la Boccassini dovrebbe scusarsi con lui per gl’insulti che, oltre a interferire pesantemente nella campagna elettorale, si fondano su un dato falso. Ciascuno è libero di ritenere un magistrato migliore o peggiore di un altro, ma non di raccontare bugie. Specie se indossa la toga. E soprattutto se si rivolge a uno dei tre o quattro magistrati che in questi 20 anni più si sono battuti per scoprire chi uccise Falcone e Borsellino”.

Il vicedirettore del FattoQquotidiano se la prende anche con Roberto Saviano, per il suo cinguettio in cui dà ragione alla Boccassini e tiene a ricordare che Falcone non fece mai politica: “Ma neppure questo è vero. Roberto è troppo giovane per sapere ciò che, in un’intervista per MicroMega, Maria Falcone mi confermò qualche anno fa: nel ’91 suo fratello decise di usare il dissidio fra Craxi e Martelli per imprimere una svolta alla lotta alla mafia dall’interno del governo Andreotti, pur sapendo benissimo di quale sistema facevano o avevano fatto parte quei politici. Difficile immaginare una scelta più politica di quella”.

Travaglio si chiede poi il perché questa differenza di trattamento tra Ingroia e gli altri magistrati che hanno fatto la sua stessa scelta e arriva a ipotizzare una motivazione: “Se poi Ingroia deve espiare la colpa di aver indagato su mafia e politica, di aver fatto condannare Contrada, Dell’Utri, Inzerillo, Gorgone e di aver mandato alla sbarra chi trattò con i boss che avevano appena assassinato Falcone e Borsellino, lo dicano. Così almeno è tutto più chiaro”.

E sull’evocazione dei due giudici uccisi dalla mafia, si auspica “una moratoria per evitare di tirarli ancora in ballo in campagna elettorale. Tutti, però: non solo qualcuno”. Quindi a partire da Ingroia.



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