Vanno prese con le pinze le previsioni più aggressivamente favorevoli al rischio (e quindi alle borse e all’euro) che circolano in queste ore. L’euforia è spiegabile. È stato superato il Fiscal cliff, è l’inizio del mese (quasi sempre positivo) ed è anche l’inizio dell’anno (anch’esso quasi sempre positivo).
Non bastasse, non c’è stato il rally di fine anno e quindi il posizionamento è più leggero rispetto ai valori stagionali medi. C’è ancora più spazio del solito, quindi, per il rialzo di gennaio, che è a sua volta una specie di diritto sindacale acquisito.
Tutto giusto, ma proprio per questo sono ancora più interessanti le dichiarazioni di pessimismo che vengono da due dei più incrollabili ottimisti del nostro tempo, Laurence Fink di Blackrock e Byron Wien di Blackstone.
Fink non è un money manager qualsiasi, è tra i candidati in pectore alla sostituzione di Geithner al Tesoro e può darsi che in lui parli più il politico che il gestore. Sta di fatto che Fink si dice particolarmente deluso dall’accordo sul Fiscal cliff e tanto preoccupato dallo scontro politico nei prossimi due mesi da proporsi di vendere azioni e comprare Treasuries nei prossimi giorni.
Dal canto suo Byron Wien parla per il 2013 di un SP 500 sotto 1300, di borse europee in caduta del 10 per cento, di utili in discesa e di emergenti e Giappone, i grandi dimenticati di questi anni, in brillante ripresa.
Al fondo del pessimismo di Wien sta forse la più minacciosa delle sue previsioni, quella dell’annuncio da parte dell’Iran di avere raggiunto la quantità di uranio arricchito necessaria a fabbricare la bomba.
In effetti il mercato ha smesso da tempo di pensare all’Iran. Solo i trader di petrolio hanno ripreso da un paio di settimane ad applicare qualche dollaro di premio per il rischio legato alla bomba.
Con la Siria alleata che barcolla, Teheran potrebbe essere tentata dall’annuncio, che la rafforzerebbe nelle trattative sul riassetto della regione. Non dimentichiamo che nel 2014 gli Stati Uniti si ritireranno dall’Afghanistan, lasciando un vuoto che un Iran nucleare ha tutta l’intenzione di riempire.
E se il 2014 sembra ancora lontano, nemmeno tre settimane ci separano dalle elezioni israeliane, dalle quali Netanyahu e la sua linea usciranno rafforzati. È possibile che non succeda niente neanche quest’anno, ma è difficile che non ci sia un momento in cui si rimetterà a fuoco la questione.