Skip to main content

La pessima consultazione referendaria su Berlusconi

La sconclusionata campagna elettorale referendaria contro o pro Berlusconi non sta certo spostando consensi veri del vasto mondo astensioni stico. Soltanto quanti si sono allontanati nelle amministrative dai rispettivi blocchi di riferimento possono avvertire il richiamo della foresta e, forse, ritornare ai vecchi amori, ma nella belluinità. Gli astensionisti di opinione, la maggioranza, dal recupero dell’antiberlusconismo traggono semmai la conferma che la politica italiana procede irresponsabilmente sulla china dello squallore.

La proliferazione di liste e candidati espressione di una mitologica società civile, concorre, a sua volta, a rafforzare l’antipolitica e ad accentuare la dequalificazione della politica. È semplicemente impossibile che, da una campagna referendaria, destinata ad una ulteriore spaccatura verticale dell’elettorato, possa sortire un risultato positivo nella consultazione politica.

Ora i poli in contrasto non sono più soltanto due, come vorrebbe un bipolarismo ordinato, in Italia mai sperimentato, neppure ai tempi dello Stato albertino preunitario. Gli stessi istituti demoscopici ne registrano almeno quattro, di poli. Con un preciso paradosso: quello che sarebbe dovuto essere il terzo polo per eccellenza, sia pure arrancando ma proponendosi come blocco alternativo al berlusconismo, cerca di costituirsi in polo primario. Con ciò stesso: rinuncia definitivamente all’antica battaglia proporzionalista; radicalizza ed estremizza sul terreno del propagandiamo più vieto l’antiberlusconismo ripico del polo di sinistra, facendosene o mosca cocchiera o tardiva retroguardia; rende ardua l’ipotesi di una intesa di riforma costituzionale, istituzionale ed elettorale come primo, e forse unico, obiettivo della prossima legislatura; non recupera il voto cattolico disperso e annichilito dalla sistematica irrilevanza d’un centro politico artificioso; rischia di rendersi strumento di conferma di una antipolitica che è figlia di una politica fatiscente e non solo di un protestarismo di una presunta società civile invero pregna di inciviltà, rozzezza, un vuoto assoluto che ci allontana anni luce da un sistema politico ordinato e democratico.

Si ha l’impressione che gli amici terzopolisti e ora bipolaristi di fatto, non abbiano molta consuetudine con le buone letture; di non conoscere le considerazioni di Antonio Rosmini sulla deteriore “società civile” che mortifica la democrazia; di non possedere la più pallida nozione di quali sacrifici per coerenza sia costellata la storia del cattolicesimo politico italiano, delle lezioni di Sturzo e, soprattutto, di De Gasperi; che , se era antifascista e anticomunista, anzitutto si è battuto perché l’Italia non conoscesse più esperienze di lotte municipaliste fra guelfi e ghibellini e i cattolici imparassero finalmente le prime regole democratiche: autonomia; rispetto per ogni idealità, anche sgradita; corrispondenza fra diritti e doveri; impegno per una economia non dominata dai mercati ma espressione di politica; partecipazione come soggetti e non come subordinati ed un europeismo che cancellasse quell’egemonia binomica franco-tedesca ch’era costata al mondo due grandi guerre mondiali nel solo Novecento.

Abbandonati quegli insegnamenti, si finisce col diventare marginali e col favorire proprio quel molteplice ghibellinismo che si annida nei poli contrapposti e in una società civile che più scomposta di com’è non può essere.

 

 


×

Iscriviti alla newsletter