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La politica estera repubblicana dell’obamiano Hagel

Principi per una politica estera di stampo repubblicano. Li enunciava Chuck Hagel, nominato ieri dal presidente Barack Obama segretario alla Difesa, in un saggio del 2004 pubblicato dalla rivista Foreign Affairs. Tutelare la stabilità, diffondere la democrazia, rafforzare i legami con gli alleati chiave, sono alcuni dei punti sottolineati da Hagel, definito in questi giorni come repubblicano ribelle per le sue critiche alla guerra in Irak, cui pure votò l’autorizzazione, e per l’idea di includere l’Iran nei colloqui sul futuro dell’Afghanistan.

“La politica estera è il ponte tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, tra il passato, il presente e il futuro”, scriveva il numero uno del Pentagono nell’invitare Washington ad attirare a sé le nuove generazioni. Nel mondo tracciato da Hegel le minacce agli Usa non arrivavano tanto dalle grandi potenze -sebbene con differenze, nel saggio tende la mano sia alla Cina sia alla Russia- ma dagli Stati più deboli, per questo sottolinea come gli interessi statunitensi non possano separarsi da quelli dei Paesi in via di sviluppo e in particolare da quelli delle popolazioni frustrate dalla pressione demografica ed economica e da governi autoritari che contribuiscono a radicalizzare la politica.

Una solida difesa nazionale, ricorda Hagel, è uno dei capisaldi della politica estera repubblicana. I problemi del mondo non si risolvono soltanto con l’uso della forza militare, sottolinea, ma “la forza rimane la prima e l’ultima linea di difesa della libertà e della sicurezza Usa”. Tuttavia scrive che la forza all’estero inizia con la forza interna. Gli statunitensi devono aprirsi alla conoscenza del mondo, delle lingue, delle culture e della storia. Allo stesso tempo devono favorire una politica estera sostenibile che parta da una visione forte del ruolo statunitense a livello globale su cui il Paese si deve stringere attorno al presidente, senza che tuttavia si mettano a tacere le voci dissidenti. Coesione, spiega Hagel, vuol dire non assenza di un’opposizione, ma di intrighi di palazzo. Indispensabile inoltre è il sostegno e la legittimità data da Congresso.

Il successo secondo il numero uno del Pentagono non risiede soltanto nella forza, ma anche nella capacità di comprendere i propri limiti. Per fare ciò Hagel fissa alcuni punti imprescindibili: espandere gli accordi di libero commercio; tutelare la politica energetica; garantire le alleanze e i legami con le istituzioni internazionali, su tutte Nato e le Nazioni Unite cui è riconosciuto il ruolo nelle transizioni post-conflitto, sebbene ne sottolinei la necessità di riforma. Per quanto riguarda l’Alleanza atlantica, secondo Hagel, continuerà a basarsi sul ruolo militare, ma dovrà aprirsi ad altri ambiti: diplomatico, di intelligence, economico e umanitario.

Grande attenzione è infine data al Medio Oriente e alle istanze delle nuove generazioni nella regione, in un passaggio che ricorda alcune delle prime suggestioni delle Primavere arabe. Hagel riconosceva che le società islamiche sono alla ricerca di bilanciare tradizione e modernità e nel sottolineare la necessità di promuovere riforme e democrazia segnala come modello la Rivoluzione delle rose in Georgia, oggi però riavvicinatasi alla Russia. Mentre in Medio Oriente non esclude il dialogo con Teheran usando la sicurezza regionale come ponte.

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