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L’Agenda? Non scordiamoci quella (importante) di Napolitano

Relegata nelle pagine di coda dei grandi quotidiani, l’agenda internazionale di Giorgio Napolitano, con visite a Washington e Berlino a ridosso delle elezioni parlamentari italiane, potrebbe rivelarsi più importante delle apparenze.

La figura del Presidente della Repubblica ha assunto un ruolo di enorme rilevanza nelle dinamiche politiche e istituzionali italiane. Tradizionale custode della Costituzione, l’Uomo del Colle ha esercitato poteri di fatto di portata enorme. Come la gestione dei rapporti internazionali, in cui le traiettorie del Quirinale non di rado si sono confrontate con quelle di Palazzo Chigi e della Farnesina, e specie con il primo hanno fatto registrare qualche iato (come sulla campagna militare che ha rovesciato Gheddafi in Libia, su cui la posizione iniziale di Berlusconi era disallineata rispetto a quella del Quirinale).

L’attuale Presidente, Giorgio Napolitano, è un fine conoscitore del proprio Paese, e ha alle spalle una lunga storia personale di dialogo con gli “altri” all’interno della sua formazione politica di provenienza, il PCI. Basta scorrere le pagine di “Governo Ombra” di Maurizio Molinari – paziente ricostruzione dei cablogrammi della diplomazia americana in Italia durante la Guerra Fredda – per capire che fin dall’inizio quella di Napolitano è una figura di raccordo, un’interfaccia tramite cui il Partito parlava con gli americani, figlio di un’epoca in cui i grandi partiti avevano regolarmente al proprio interno una pluralità di posizioni, anche “eretiche”. Peraltro era proprio questa pluralità che all’occorrenza consentiva di parlare con gli avversari politici e scambiarvi punti di vista e opinioni. Naturale che una figura con questa formazione e questo “destino” da diplomatico sia divenuta merce rara, specie ora che i grandi partiti non esistono più, e che diversi reduci della Prima Repubblica siano apprezzati se non rimpianti. Washington ha in Napolitano un interlocutore collaudatissimo, i partiti tedeschi, che nel frantumato quadro partitico italiano cercano invano i propri omologhi, ne apprezzano il senso delle istituzioni.

Qualcuno potrebbe notare che con ogni probabilità Washington e Berlino saranno l’ultima pagina dell’agenda presidenziale di Napolitano, che è a fine mandato. I notisti di cronaca si concentrano soprattutto su dettagli empirici: al Quirinale stanno preparando gli scatoloni o no? al Senato stanno preparando l’ufficio per il prossimo senatore a vita Napolitano? Il punto è un altro. Sarà ancora una volta Napolitano a nominare il nuovo premier, in un’operazione che si preannuncia non semplice per le risicate maggioranze parlamentari e per gli enormi interessi di coesione europea e stabilità finanziaria che vi ruotano attorno. E, con la bomba MPS che ogni giorno aggiunge nuove macchie alle camicie di possibili candidati al Colle, anche l’ipotesi di un Napolitano 2 appare meno fantascientifica. Gli scatoloni? Si possono sempre riaprire.

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