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Idee e segreti di Lapid, il centrista che ha sconvolto i piani di Bibi

Ha il volto telegenico di Yair Lapid, popolare anchorman televisivo balzato in politica alla guida di una nuova lista centrista, l’autentica sorpresa delle elezioni israeliane di ieri. Con 19 seggi, e il secondo posto dietro il listone di destra Benyamin Netanyahu, Lapid (più che non l’estremista nazional-religioso e magnate dell’hi-tech, Naftali Bennet) appare l’uomo del giorno destinato con ogni probabilità a diventare ago della bilancia di una qualsiasi futura coalizione di governo.

Piacente e muscoloso come un uomo-copertina, brizzolato come Richard Gere, disinvolto come Barack Obama di fronte alle platee, beniamino dell’elettorato femminile, l’esordiente Lapid ha sfondato alla testa di un movimento fondato appena pochi mesi fa: ‘Yesh Atid’, in ebraico “C’è un futuro”.

Star della televisione commerciale Canale 2 ed ex commentatore del popolare quotidiano Yediot Ahronot, Lapid è il più emblematico fra i non pochi personaggi emergenti entrati in lizza in Israele in vista delle elezioni provenendo dal mondo dei media. Figlio dell’ex ministro della Giustizia Yossef (Tommy) Lapid – superstite della Shoah, campione del laicismo sionista, bestia nera dei rabbini – e della scrittrice Shulamit Lapid, il dirompente Yair ha polarizzato l’interesse della campagna con la sua immagine da figlio d’arte. Ma soprattutto cavalcando la grande popolarità – particolarmente diffusa fra le elettrici – conquistata attraverso il piccolo schermo. Il suo successo, alla fine, è andato tuttavia oltre le attese e anche le più rosee fra le previsioni dei sondaggi.

Superando nello stesso bacino del centro e del centro-sinistra le liste concorrenti delle due donne di punta della politica israeliana: quella laburista di Shelly Yachimovich (in ripresa, ma non oltre i 17 seggi) e quella della neonata formazione dell’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni (HaTnua’, ferma a quota 7).

Sulla reale capacità di Lapid di misurarsi con i problemi che assillano Israele e la regione le incognite non mancano, anche nel giudizio di autorevoli suoi ex colleghi commentatori.
Ma di sicuro il suo ruolo nella prossima Knesset potra’ essere centrale. Nato nel 1963 e non ancora 50enne, Yair Lapid ha d’altronde fama di polemista e di lottatore (ha praticato anche la boxe), oltre a poter contare su un buon biglietto da visita per il cognome che porta.

Ha giocato la sua campagna elettorale predicando il “nuovo”, guardando alle giovani generazioni e alla classe media israeliana, rivolgendosi agli ambienti laici di città come Tel Aviv. Schierato su posizioni estremamente moderate su temi come il negoziato con i palestinesi o il dossier iraniano, Lapid non ha finora respinto, in effetti, l’ipotesi di una qualche alleanza con Netanyahu. Puntando a spostarlo un po’ più al centro (e un po’ meno lontano dagli Usa di Barack Obama) piu’ che a scalzarlo. Mentre è apparso più deciso sul fronte delle questioni interne, da quelle sociali a quelle legate alla divaricazione fra laici e religiosi nello Stato ebraico: un tema, quest’ultimo, che potrebbe rendere difficile un compromesso con una coalizione di destra destinata comunque a essere condizionato dai partiti confessionali.

Tanto più sullo sfondo di un risultato elettorale che stasera pare offrirgli un peso contrattuale superiore ad ogni aspettativa.

Aldo Baquis e Alessandro Logroscino (ANSA)


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