Pubblichiamo un articolo uscito su Ispi Online
L’intervento militare francese in Mali che si sta sviluppando in queste ore suscita qualche interrogativo non ozioso sul piano della legittimità internazionale e su quello delle strategie politiche perseguite dalla Francia sul continente africano e nel mondo.
Le autorità di Parigi e la maggioranza dell’opinione pubblica transalpina ritengono che il ricorso alle armi, falliti i tentativi diplomatici esperiti nei mesi scorsi, si iscriva nella cornice multilaterale della risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 20 dicembre 2012. E giustificano la subitaneità dell’iniziativa militare con una precisa richiesta di aiuto che sarebbe stata rivolta dal Capo dello Stato maliano ad interim Diacounda Traoré e con le implicite domande di sostegno nel frattempo pervenute da parte di altri governanti africani dei paesi limitrofi, preoccupati dai rischi di un “contagio” insiti nell’espansione del fondamentalismo islamico.
Premesso che, ad avviso di chi scrive, le motivazioni politiche dell’intervento francese, e cioè la salvaguardia degli equilibri sul continente africano e il contrasto alla minaccia globale rappresentata dalla crescente aggressività dei movimenti in qualche modo legati ad Al Qaida nella fascia saehliana, sono tutt’altro che peregrine, resta poi da vedere quanto tale intervento nelle sue concrete modalità sia effettivamente in linea con il diritto internazionale.
Non vi è dubbio, a tale proposito, che la citata risoluzione del Consiglio di sicurezza sia stata adottata nell’ambito del capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite, legittimante l’uso della forza da parte degli Stati membri per intraprendere le azioni necessarie per contrastare una “grave minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” (nel caso di specie la conquista della parte settentrionale del territorio maliano da parte di una coalizione di gruppi eterogenei, ma tutti pericolosamente vicini al terrorismo sovranazionale). Ma è pur vero che la risoluzione, a tal fine, autorizza esplicitamente non qualunque tipo di azione bensì la costituzione e il dispiegamento sul terreno di una forza multinazionale “a conduzione africana” (non escludente peraltro contributi di varia natura da parte di altri paesi estranei al continente) posta – questo è importante – sotto l’egida dell’Ecowas (Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale). Ciò secondo una tendenza, sviluppatasi in questi ultimi anni in seno all’Onu, a “subappaltare” a organizzazioni regionali l’intervento in situazioni di crisi.
Ora, l’azione militare diretta di Parigi così come sembra materializzarsi in questa prima fase fatica alquanto a rientrare totalmente nello schema tracciato dalla suddetta risoluzione, ponendosi piuttosto come abbozzo di una nuova ed ennesima “coalizione dei volenterosi” cui Parigi chiama ad associarsi coloro tra gli stati che ne abbiano la possibilità e condividano l’animus pugnandi. A tale proposito gli Stati Uniti, presenti da tempo nell’area con gli usuali “consiglieri militari”, daranno il loro concorso nel settore della logistica e delle informazioni, e così dovrebbe fare con qualche probabilità il Regno Unito. Altri Paesi occidentali, tra cui la Germania, hanno invece espresso qualche riserva per l’assenza a tutt’oggi di un chiaro quadro multilaterale. Il governo italiano, dal canto suo, ha assicurato che fornirà pieno supporto logistico all’operazione francese.
Quanto alla legittimazione sul piano del diritto internazionale, che potrebbe derivare dalla richiesta di aiuto rivolta direttamente alla Francia dal capo dello stato ad interim maliano, è lecito avanzare qualche dubbio di maggiore sostanza. È nota infatti la situazione confusa imperante negli ultimi mesi nella capitale Bamako a livello governativo. Le autorità istituzionali maliane (tra cui appunto il presidente Traoré, vittima di un attentato avvenuto in circostanze mai chiarite) non sembrano in realtà in grado di esercitare un effettivo controllo sul paese. Mentre i militari legati al capitano Sanogo, autore del colpo di stato dello scorso marzo, e che detengono il potere de facto tanto da avere recentemente destituito il primo ministro, si sono sempre dichiarati contrari a interventi stranieri e tanto più di matrice non africana.
Paolo Guido Spinelli è stato ambasciatore d’Italia a Dakar
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