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Levi Montalcini, Aggressività? Non esiste il gene

Ci sono tanti modi di ricordare Rita Levi Montalcini, signora minuta, elegantissima, distinta ed atea, sempre disponibile e presente al colloquio, amante della vita e curiosissima delle vicende umane, fortemente interessata alla mente umana e allo sviluppo del pensiero umano. Certamente per la scoperta ‘del tutto casuale’, dovuta cioé ad un’intuizione non razionale, del Ngf, il fattore di crescita delle cellule nervose (Nerve Growth Factor), una proteina che si e’ poi rivelata ‘una molecola vitale’, per lo sviluppo e la crescita dell’individuo e della specie umana. Ma soprattutto per quello che considero il testamento culturale e politico: “Non esiste il gene dell’aggressivita’: nel nostro patrimonio genetico non c’e’ nulla che ci puo’ portare ad uccidere o aggredire un nostro simile. L’aggressività esiste in tutte le specie animali e quindi anche nell’uomo ma essa dipende dalle condizioni ambientali”. Era l’8 aprile 1996, il giorno di Pasquetta: e sull’Agi usci’ la prima intervista alla illustre scienziata e neurobiologa, il giorno dopo comparve su ‘la Repubblica’ e da allora inaspettatamente e’ nato un lungo e fecondo  feeling.

Nelle sue risposte che dava scandendo parola dopo parola la Levi Montalcini univa il ‘sapere’ scientifico al rifiuto del ‘credo’ religioso che le veniva da una storia di ebrea perseguitata dal nazi-fascismo, da un ‘amore’ per la cultura che la portava ad ammirare Carlo Levi e da una visione politica di simpatia per quel nobile filone culturale e politico che è stato l’azionismo e il ‘giellismo’.

Cosi’ per la Levi Montalcini, nell’età compresa tra “i due e i nove anni, il bambino riceve svariati messaggi e quindi si puo’ dare un patrimonio piu’ o meno aggressivo che resterà come un marchio impresso nella persona”. La famiglia è, dunque, aggiungeva, “enormemente importante per lo sviluppo del bambino: sentimenti come l’odio per il diverso e la rabbia per le delusioni si generano in questa fase e diventano manifesti subito dopo”. Questa impostazione in qualche modo si differenzia dagli studi genetici che di volta in volta attribuiscono a questo o quel cromosoma la responsabilità degli stati d’animo della persona. “Le condizioni ambientali – concludeva la Montalcini – e il patrimonio culturale contano moltissimo, anzi sono decisivi”.

Girai queste ‘orginalissime’ affermazioni del premio Nobel per la Medicina, allo psichiatra Massimo Fagioli, che nella stessa intervista, evidenzio’: “un dato importantissimo: si tratta di impostare un discorso nuovo di ricerca sulla realtà psichica e sull’inconscio umano”. Da questa nuova impostazione, “viene rifiutata anche la ‘cultura freudiana’ secondo la quale l’inconscio sarebbe perverso e malato. Facendo ricerca sulla realtà pschica si puo’ arrivare ad un inconscio sano e quindi affrontare e risolvere la malattia mentale”.

Il feeling con la signora minuta, elegantissima, distinta ed atea, colta ed un po’ azionista e giellista nelle riflessioni sulla politica, cui prestava molta attenzione, produsse un’altra intervista sull’origine della vita umana. Molto dibattuto era ed e’ ancora il tema sull’embrione: è da ritenere “uno di noi” come sostenevano e sostengono i cattloci, ossia persona umana o invece “un ammasso” di cellule, come ribatteva e ribatte la comunità scientifica?

La Levi Montalcini era schierata, ‘senza se e senza ma’, per “l’embrione ammasso di cellule”. L’intervista, per il programma di approfondimento ‘Clochard’, ando’ in onda a Telesimpaty, il 23 ottobre 1998, all’interno della puntata ‘Byos e Psyché’, con la biologa-ricercatrice Giulia Carpinelli e la psichiatra e psicoterapeuta, Daniela Colamedici. Ecco un’estratto ripreso nel numero n. 4/2004 della rivista ‘Il Sogno della farfalla’.

Domanda: Secondo lei (dott.ssa Montalcini) quando si può parlare di origine della vita dell’uomo, quando si può dire che questa è umana? Risposta: Lei dice l’anima? Domanda: Quando si può parlare di vita umana? Risposta: Le idee sono molto divise. Lei sa che faccio parte della commissione di bioetica. Secondo i cattolici, come il monsignor Sgreccia, inizia al momento stesso del concepimento, altri la pongono al quattordicesimo giorno. Io ritengo molto più tardi quando il cervello comincia a funzionare cioè alla fine del periodo fetale, ai primissimi giorni dopo la nascita. Domanda: quindi la vita umana inizia con la nascita? Risposta: Non dico che la vita comincia con la nascita, io dico che il primo impatto con l’ambiente porta in funzione un cervello già in attività. Non è che la vita nasce, comincia alla nascita, naturalmente ci sono nove mesi che precedono e questi nove mesi hanno una enorme influenza. Tuttavia l’impatto con l’ambiente può realmente portare a realizzazione delle capacità latenti, capisce? Domanda: Si può dire allora che l’impatto con l’ambiente determina l’emergere della realtà psichica? Dell’inconscio?  Risposta: Non dell’inconscio… e neanche del nostro comportamento che è un’altra cosa. Diciamo che nei primi anni di vita siamo marchiati dal punto di vista religioso, dal punto di vista sociale. I primi due, tre anni di vita sono di enorme importanza, non il giorno della nascita ma i periodi iniziali infantili. Domanda: Cosa pensa della teoria di Fagioli che appunto fissa l’origine della vita al momento della nascita perché nell’impatto con l’ambiente si realizzerebbe la pulsione di annullamento, la fantasia di sparizione? Risposta: Io sarei d’accordo. Non conosco quanto lei mi dice, ma sono d’accordo. Ne segui’ una seconda registrata nel suo studio di via di Villa Massimo e realizzata insieme alla biologa Raffaelle Nicolai per il programma ‘Clochard’ ed altre ancora per l’Agi.

Il mio personale ricordo di questa donna e scienziata di straordinario livello culturale, divenuta per evidentissimi meriti ‘senatore a vita’, molto presente nell’Aula, è legato ad una passione per lo studio e per la ricerca che coltivava anche in solitudine ogni giorno e che non era contaminato nè contagiato da un ‘credo’ religioso, ma sostenuto da una forte tensione e propensione a individuare i fattori che fanno ammalare gli esseri umani: per la Levi Montalcini che guardava all’essere umano nella sua interezza di corpo e mente, non esisteva il Male, esisteva la Malattia.


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