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Il Fmi mette al bando l’austerity. Parla Lombardi

L’austerity? Un errore del passato. Il mea culpa ufficiale del Fondo Monetario Internazionale guidato dalla francese Christine Lagarde è arrivato. L’istituto di Washington, spiega in una conversazione con Formiche.net Domenico Lombardi, presidente dell’Oxford Institute for Economic Policy (Oxonia) e analista di Brookings Institution, continua a rivedere le sue previsioni al ribasso per l’Eurozona e per l’Italia, e punta il dito contro le riforme strutturali la cui attuazione è stata accantonata nel nostro Paese.

Le stime di crescita Fmi
“Con tutta probabilità il Fondo Monetario Internazionale dovrà tagliare ulteriormente i numeri sull’andamento del Pil italiano”, dichiara Lombardi, commentando l’ultimo aggiornamento del World Economic Outlook dal quale, a suo avviso, “emerge anche una tendenza evidente al deterioramento delle prospettive di tutta l’Eurozona”. Le stime ritoccate dai tecnici dell’Istituto di Washington indicano per l’economia italiana una contrazione nel 2013 dell’1%, lo 0,3% in meno rispetto alla previsione di ottobre. Rivista al ribasso anche la previsione per l’area euro che passa da una crescita stimata dello 0,1% a una contrazione dello 0,2%.

L’ultima ricetta degli economisti capitanati da Lagarde

Le ultime valutazioni del Fmi conterrebbero tuttavia una ricetta articolata per uscire da una crisi senza precedenti. Ed è questa, secondo Lombardi, la novità più interessante che si evince tra le righe del breve documento licenziato dai tecnici. “Un cambio di approccio nella gestione della crisi che – a suo avviso – potrebbe essere letto in chiave senz’altro positiva”.

Il mea culpa del Fmi
Nell’ultimo aggiornamento del World Economic Outlook, “il Fondo Monetario Internazionale – sottolinea l’analista della Brookings – sembra recitare un sommesso ‘mea culpa’ rispetto la terapia di sola austerity proposta in passato. Resta tuttavia da vedere se questa parziale inversione di marcia possa concretamente tradursi in una revisione dell’architettura dei programmi di aggiustamento del Fondo nell’Eurozona che, specialmente, in Grecia hanno fatto dell’austerity la chiave di volta dell’aggiustamento”.

Il peso delle mancate riforme in Italia

All’Italia, evidenzia l’esperto, “il Fmi raccomanda invece quelle riforme strutturali non ancora adottate che avrebbero senz’altro mitigato l’effetto recessivo del consolidamento fiscale”. Misure volte ad alleggerire le regole e la burocrazia sul mercato dei prodotti, ad aumentare la competitività e a rendere più flessibile il mercato del lavoro. Gli economisti del Fmi stimano infatti che l’adozione ad ampio raggio di riforme strutturali nel nostro Paese avrebbe potuto fare crescere il Pil in termini reali di circa il 6% in cinque anni e di circa il 10% nel lungo periodo. Numeri da “fanta-economia” visto che in Italia, come osserva Lombardi, ”di fatto l’effetto recessivo dell’aggiustamento fiscale continua a non essere compensato da riforme strutturali e politiche per la crescita”.

Le conseguenze recessive del consolidamento fiscale

“Fino ad oggi – spiega l’economista – il Fondo ha senz’altro sottostimato l’impatto recessivo del processo di consolidamento fiscale in cui sono impegnate diverse economie dell’Eurozona”. “Un consolidamento – sottolinea Lombardi – che sta avvenendo senza possibilità di adottare misure compensative come la svalutazione competitiva del tasso di cambio o la politica monetaria iperespansiva”. In altre parole, l’impatto di misure di consolidamento fiscale come quelle varate in Italia, in Spagna o in Grecia, in un quadro economico e istituzionale completamente diverso dal passato (quando non c’era la moneta unica) sta comprimendo la domanda interna, e quindi l’economia nel suo complesso, molto più incisivamente di quello che sarebbe avvenuto in altri tempi e, soprattutto, molto più incisivamente di quanto le autorità nazionali e gli stessi istituti internazionali avevano pronosticato.

L’avanzo tedesco che affonda la ripresa dei partner commerciali

“A ogni round di previsioni i numeri peggiorano e diventano più realistici, confermando via via che l’impatto recessivo è nettamente superiore a quello precedentemente stimato”. A incupire il quadro, la crisi prolungata di due economie importanti come quella italiana e spagnola ma anche la situazione tedesca “che sta risentendo, benché in ritardo, dei problemi dell’Eurozona”. La previsione aggiornata del Fmi vede infatti la Germania crescere lievemente e a un passo senz’altro più lento (lo 0,3% in meno rispetto alle stime di ottobre) perché, spiega Lombardi, “nei Paesi che stanno risanando i loro conti diminuiscono le possibilità di assorbire l’export della prima economia dell’Ue mentre i tedeschi cominciano a rinviare al futuro scelte di consumo e di investimento”. D’altra parte, continua, “l’economia tedesca e quella degli altri paesi nordeuropei non hanno fatto nulla per creare domanda nell’area euro”. La diagnosi troverebbe conferma nel cospicuo avanzo corrente accumulato dalla Germania (oggi superiore a quello della Cina in proporzione al Pil ma anche in valore assoluto) “una misura che rivela l’eccesso di risparmio dell’economia tedesca , sottraendo domanda alle altre economie in termini di maggiore export verso la stessa Germania”, conclude.

 



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