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Perché Monti e D’Alema non si amano

D'Alema, Feps

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi uscito sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Magnaschi

Monti, salendo in politica, ha dribblato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non se lo meritava, visto che, per Monti, si era svenato, costruendogli un generoso percorso su misura. Prima, infatti, gli aveva garantito, vita natural durante, la sicurezza economica e di status, nominandolo, su due piedi, senatore a vita. Poi lo aveva nominato presidente del consiglio, assicurandogli in Parlamento, l’altrimenti impossibile sostegno del Pd e del Pdl.

Convincere Berlusconi a mollare la premiership è stato facile perché lui, allora, era alle corde. È vero che il Cavaliere è stato disarcionato dal duo Napolitano-Monti ma è anche vero che il governo tecnico lo ha mantenuto, di fatto, a galla. Più difficile dev’essere stato, per Napolitano, convincere il Pd. È vero che, con la defenestrazione di Berlusconi, il Pd si liberava, dopo una inutile lotta durata vent’anni, del suo principale antagonista, ma è anche vero che non era facile allearsi, di fatto, con Berlusconi, dopo vent’anni di lotte apparentemente all’ultimo sangue (dico apparentemente perché sono sempre state annacquate da un inciucio sotterraneo come nei combattimenti di catch).

Il governo Monti si poteva fare solo perché Napolitano si era messo di traverso e solo se Monti stava al gioco del tecnico che non si fa poi prendere la mano per diventare politico. Cosa che, purtroppo per Napolitano e per Bersani, è avvenuto. Come mai, allora, Monti, che è un professore così ammodo, ha gettato all’aria il tavolo? Il motivo è che nei patti evocati c’era l’ipotesi che, dopo aver guidato un governo tecnico, Monti avrebbe ceduto Palazzo Chigi al segretario del Pd, Bersani e, lui, Monti, sarebbe diventato presidente della Repubblica, un ruolo, questo, oltretutto più congeniale per storia, stile, esperienza ed età.

Ma, a un certo punto, il meccanismo dei reciproci impegni si è rotto quando Monti ha avuto la sensazione che il Pd, dopo aver messo le mani su Palazzo Chigi, avrebbe tentato di far salire Massimo D’Alema al Quirinale, obiettivo che era stato mancato da quest’ultimo la volta precedente, quando venne superato in volata da Napolitano.

Ecco perché Monti ha disfatto i patti. Ha capito che, per non perdere tutto, doveva tuffarsi. E lo ha fatto.


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