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Mussari e Tanzi pari sono, carnefici e “muppets” della grande finanza

La storia finanziaria si ripete con una circolarità molto stretta. C’è l’imprenditore, o il grande manager di una banca quotata in Borsa, che ha ansia di dimostrare al mondo di poter creare una multinazionale dal niente, o di costruire il terzo player bancario italiano fuori dai circuiti milanesi. Ci sono le acquisizioni a qualsiasi costo o l’espansione senza confine del proprio business, anche se è latte e non iQualcosa e ci si guadagna il giusto. Ci sono i debiti che si accumulano pesantemente senza che l’attività riesca a tenere sempre passo (perchè il mondo economico passa anche per cicli negativi). Ci sono le banche d’affari che fiutano l’affare e ti presentano interessanti soluzioni per mettere a posto i bilanci. Non l’attività che traballa, si badi bene, ma solo la sua rappresentazione sintetica su carta, che la scrivi come vuoi tanto il falso in bilancio è solo una noia amministrativa.

Le soluzioni che arrivano sul tavolo passano sempre per l’ingegneria finanziaria, complessa al limite del comprensibile (ricordate il Michael Moore alle prese con le lezioni di derivati in “Capitalismo, una storia d’amore”?), ma che ha il pregio di essere ben occultabile nei bilanci quando si tratta di strumenti derivati. le opzioni, gli swap, i prodotti esotici per scommettere su eventi di vario genere sono impalpabili come la farine. Hanno il pregio di richiedere di cifre (relativamente) basse per impegnarsi in scommesse molto alte. Se va tutto bene si fa bingo. Se il tappeto verde è sfortunato sono dolori. L’americana Enron ne aveva creati anche per scommettere sul tempo atmosferico. E’ fallita sotto un temporale di perdite e cause.

Non giudico ovviamente le questioni penali, ma Giuseppe Mussari sotto il profilo operativo non è diverso da Calisto Tanzi: disperati per la loro sorte si sono seduti al tavolo di gioco della grande finanza internazionale malata di scommesse per cercare di rifarsi e hanno fatto invece la parte del pollo che è stato spennato. Ma quando se ne sono accorti era troppo tardi. I bankers di Goldman chiamavano “Muppets” i loro clienti, che avrebbero potuto essere tranquillamente i Tanzi o i Mussari del caso. E questo senza entrare negli interessi e nelle coperture politiche di cui ancora poco si parla e nel ruolo delle fondazioni bancarie che fanno da cuscinetto ben remunerato tra politica e sportelli.

Azzardo, presunzione personale, miopia, gestione del potere malata o semplice errore materiale (e madornale), la questione dei prodotti derivati che sta inquinando l’economia e si mangia interi pezzi di finanza che di questi prodotti è genitrice deve tornare al centro della discussione politica in relaziona anche alla Tobin tax, appena votata anche a livello europeo. Non è possibile, infatti, che le transazioni di questi prodotti siano tassate meno di titoli cosiddetti “fisici”, ad esempio le azioni o le quote dei fondi. Si tratta di un errore frutto di una pressione lobbistica che non ha nessun vantaggio se non quello di favorire un sistema finanziario fuori controllo che diventa vittima e carnefice a seconda dei ruoli. La stessa Monte dei Paschi, si ricorderà, era stata carnefice con i suoi clienti vendendo pattumiera finanziaria con il nome di MyWay o 4You.

E poi, ma il discorso si amplierebbe troppo, basta leggere con attenzione nei bilanci delle imprese piccole e grandi per trovare perdite potenziali su prodotti derivati praticamente ovunque, che spesso vanno fuori bilancio nei cosiddetti conti d’ordine ed è più difficile ricostruirli. Quasi sempre sono il “pizzo” che imprese devono pagare per ottenere linee di credito. Perchè se non sottostai il cash non c’è, e tu sai già che a vincere è quasi sempre il banco, che incassa interessi e denari di bisca. Una questione di cui si dovrebbe parlare maggiormente e che invece è sempre sottaciuta per la paura degli imprenditori di perdere quegli affidamenti sempre più preziosi.

Chissà quanto ha guadagnato Nomura Europe – la ex Lehman Brother Europe fallita e riacquistata dalla banca giaponese – per l’operazione Alexandria che pesa per almeno 500 milioni di euro sui denari – i Monti bond – che lo stato dovrà versare a Rocca Salimbeni. Che sarà probabilmente nazionalizzata, magari da un governo targato Pd che potrà ripulirla poi con calma grazie all’azione di Alessando Profumo. Uno che di derivati se ne intende. (twitter @alfredofaieta)

 

Lungomare Italia

 

 


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