In una recente intervista televisiva, Pier Luigi Bersani ha rilanciato l’idea di introdurre un’imposta patrimoniale sulle grandi ricchezze immobiliari per alleggerire l’Imu sulle famiglie meno abbienti. Tre economisti (Massimo Bordignon, Simone Pellegrino e Gilberto Turati ) hanno voluto approfondire la proposta per conto del sito Lavoce.info.
“La proposta è ancora molto vaga – scrivono gli esperti del sito fondato dal bocconiano Tito Boeri – ma sembra di capire che il segretario del Pd abbia in mente un’imposta ordinaria (cioè, non “una tantum”) più elevata sul patrimonio immobiliare al di sopra di una certa soglia di valore (si parla di 1,5 milioni di euro) esentando viceversa le abitazioni di residenza con valore al di sotto di una certa soglia (si è parlato di coloro il cui carico Imu sia inferiore ai 500 euro)”. Da altre dichiarazioni, pare che il segretario abbia in mente in particolare il modello francese, cioè l’Impôt de Solidarité sur la Fortune, recentemente rivista da François Hollande, chiosano gli economisti.
I numeri
In primo luogo, cosa significa in termini di perdita di gettito eliminare l’Imu fino a 500 euro sulle abitazioni di prima residenza?, si chiedono Massimo Bordignon, Simone Pellegrino e Gilberto Turati.
Applicando l’aliquota base Imu del 4 per mille, e qualora dall’Imu fossero esenti tutti gli individui con una imposta inferiore ai 500 euro, la perdita di gettito sarebbe poco più di 2 miliardi di euro, una cifra simile alle stime di cui ha parlato Bersani (2,5-2,6 miliardi di euro).
Come dovrebbe essere finanziata questa perdita di gettito?
Bersani non fornisce dettagli, – si legge nello studio – “limitandosi a dire che l’imposta dovrebbe essere applicata a valori patrimoniali superiori a 1,5 milioni di euro. Il segretario del Pd non specifica neanche come questi valori patrimoniali dovrebbero essere determinati, ma da altre interviste sembra che abbia in mente il valore di mercato degli immobili piuttosto che il valore catastale, in linea appunto con l’esempio francese. Per il momento procediamo prendendo per buona questa ipotesi”.
“Per recuperare i 2 miliardi di gettito si potrebbe introdurre una imposta sui valori di mercato con una aliquota unica pari al 4,4 per mille sui patrimoni superiori a 1,5 milioni di euro (che scenderebbe al 2,7 per mille se il limite dell’esenzione si abbassasse al milione di euro). Oppure, per avvicinarsi all’Isf francese, si potrebbero prevedere un paio di scaglioni, sempre col limite di esenzione a 1 milione di euro: per esempio, si potrebbe pensare al 2,2 per mille per patrimoni familiari compresi tra 1 e 2 milioni di euro e una aliquota del 6 per mille per i patrimoni superiori a 2 milioni di euro. In ogni caso, l’imposta patrimoniale dovrebbe essere aggiuntiva rispetto all’Imu per le famiglie interessate, senza alcuno sconto per l’abitazione di residenza. In alternativa, se uno sconto fosse introdotto, le aliquote di equilibrio dovrebbero salire di conseguenza”.
Il giudizio finale della Voce liberal
“Le conclusioni sono abbastanza immediate. La proposta non sembra avere molto senso se i valori di riferimento dell’immobile sono quelli catastali. Le aliquote dovrebbero crescere a livelli espropriativi per garantire l’equilibrio di bilancio. Nel caso francese l’aliquota massima (che si applica ai patrimoni superiori ai 3 milioni) è lo 0,5 per cento, mentre qui si richiederebbe un’aliquota del 3,5 per cento per i patrimoni superiori a 1,5 milioni, a cui andrebbe sommata l’aliquota che i contribuenti ricchi pagano già per l’Imu. E naturalmente l’aliquota dovrebbe essere ancora superiore se, come è il caso dell’Imu, si facesse riferimento agli individui proprietari e non alle famiglie”.
Dunque, “perché abbia senso – scrivono gli economisti – la proposta richiede che gli immobili siano davvero valutati al valore di mercato. Ma qui nascono le maggiori perplessità”.
Il problema principale dell’attuale Imu “è proprio la discrepanza tra il valore di mercato degli immobili e il valore catastale: per alcuni è troppo basso, per altri troppo alto e questo genera le iniquità nel trattamento fiscale dei contribuenti, sottolineati di recente anche dalla Commissione europea”.
In ogni caso – conclude lo studio della Voce.info – “non avrebbe senso mantenere l’Imu sul valore catastale e contemporaneamente introdurre una nuova imposta sul valore di mercato degli immobili”.
“Ne segue – secondo gli economisti liberal – che Bersani deve aver in mente una revisione dell’attuale sistema di imposizione sul patrimonio dal valore catastale a stime del valore di mercato, un’idea potenzialmente interessante, ma che solleverebbe problemi applicativi non indifferenti, a partire dalla definizione del presupposto giuridico della nuova imposta. Se è così, è bene che cominci a spiegarlo in dettaglio”.