‘’Sconcerto e sconforto’’. Così Alessandro Riello, titolare della Aermec, una lunga carriera in Confindustria dove ha ricoperto diversi incarichi, tra i quali presidente dei giovani industriali e presidente di Unindustria Verona, descrive il proprio stato d’animo di imprenditore del nord est, alla vigilia delle elezioni. “In passato – spiega in questa intervista al Diario del Lavoro – mi sono impegnato anche io, come tanti colleghi, a far sì che l’Italia potesse diventare un Paese normale. Ma stiamo perdendo le speranze, e cominciamo a pensare di aver solo perso del tempo”.
Cosa intende per Paese normale?
Un Paese in cui, per esempio, la politica, indipendentemente dal colore, fosse in grado di collocare le proprie proposte in un progetto di sviluppo economico e sociale di medio/lungo termine. Invece, quello che si sta delineando, alla vigilia di un appuntamento cruciale per il nostro futuro, non autorizza alcun ottimismo.
Nel suo discorso di fine anno il presidente Napolitano ha ricordato che non solo la politica, ma la classe dirigente nel suo complesso ha forti responsabilità nella crisi del paese. Lei non crede, quindi, che anche le imprese dovrebbero fare un minimo di autocritica?
Certamente. Sono convinto che se gli imprenditori, per primi, avessero riflettuto su alcuni loro atteggiamenti, avrebbero in qualche modo spinto anche la politica a riflettere e rinnovarsi: nelle idee, nelle persone.
Ma il quadro politico, al momento, sembra parecchio in movimento, rispetto al passato. Illusione ottica?
In realtà è la riproposizione di situazioni già viste: da una parte il cartello elettorale del centro destra, risorto più per necessità, all’ombra di ricatti reciproci, che per il bene del Paese. Dall’altro, lo schieramento del centro sinistra, sempre altalenante tra riformismo e massimalismo. E infine il centro, dove si raccolgono forze eterogenee, tenute insieme dalla speranza di far pesare i propri numeri in Parlamento grazie alla figura di Monti. Ma la cosa peggiore è che all’interno di ogni schieramento il copione è recitato sempre dagli stessi attori, persone da decenni sulla scena e che condividono, dunque, la responsabilità delle scelte che ci hanno portato ad avere l’indebitamento più alto del mondo.
Per la verità ci sono anche molte facce nuove che si presenteranno alle urne nei vari schieramenti: magistrati, giornalisti, e perfino alti ex esponenti della Confindustria, come Giampaolo Galli, Alberto Bombassei, Federica Guidi.
Questo non mi rassicura affatto. Non penso, infatti, che magistrati, giornalisti, e nemmeno ex dirigenti confindustriali, possano distaccarsi da un coro che in passato li ha visti, se non cantare insieme, quanto meno spettatori.
Giudica negativamente anche Mario Monti? In fondo, ha cercato di interrompere la spirale del debito…
Monti ha avuto l’indiscutibile merito di restituire credibilità all’Italia, scegliendo però la scorciatoia di oberare il paese di tasse. Che peraltro, nella patria dell’evasione fiscale, pagano come sempre soltanto coloro che non possono sottrarsi: lavoratori, pensionati, imprese.
Non lascia spazio per nessun ottimismo, nessuna speranza per il futuro?
Sto ancora aspettando di sapere cosa si propongono realmente di fare le coalizioni, ma fin qui ho visto prevalere polemiche e tatticismi. E per chi, come me, opera sui mercati e si confronta con altri sistemi paese, sa bene che lo sviluppo si costruisce solo sapendo cosa si vuole essere non domani, ma fra tre, cinque, dieci anni. Al momento, non mi pare che nessuna delle forze in campo abbia questa capacità di visione. E dunque, temo che continueremo a discutere in astratto di federalismo, autonomie locali, di Nord e Sud, di Stato e Mercato, senza arrivare mai a nulla di concreto. Purtroppo, e’ invece sulle cose concrete che si gioca la sopravvivenza di moltissime imprese.