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Chi vince e chi perde con le nuove pensioni di Fornero

Pubblichiamo con l’autorizzazione della direzione di Italia Oggi l’analisi di alcuni giorni fa del condirettore di Italia Oggi, Marino Longoni

Quando il ministro Elsa Fornero lascerà l’incarico di governo, potrà legittimamente rivendicare di aver portato a compimento il percorso di consolidamento del sistema previdenziale già iniziato da Maurizio Sacconi. Ora i conti nell’Inps e delle Casse autonome di previdenza sono certamente più sostenibili di qualche anno fa.

L’altro lato della medaglia è che le pensioni, per chi lavora, si allontanano sempre di più, costano sempre di più e gli importi sono sempre più ridotti.

Il primo gennaio 2013 sarà una data da ricordare sia per i professionisti sia per i lavoratori dipendenti. Per le casse privatizzate sono scattate infatti una serie di riforme necessarie per adeguare i bilanci al criterio della sostenibilità a 50 anni.

Imponendo questa esigenza la Fornero è riuscita ad ottenere che tutte le casse allungassero gli anni di lavoro necessari per andare in pensione, aumentassero i contributi e riducessero gli assegni dei futuri pensionati. Oggi un giovane professionista ha come orizzonte pensionistico i 70 anni, mentre la percentuale dei propri guadagni che deve versare all’ente di previdenza, continua a crescere in modo sempre più veloce.

Non che i lavoratori dipendenti stiano meglio. E’ vero che riescono ad andare in pensione qualche anno primo, ma i loro contributi sono decisamente più alti di quelli dei professionisti. E anche per loro il primo gennaio porterà solo brutte notizie: assegni previdenziali ridotti del 2% rispetto a chi è andato in pensione nei tre anni precedenti e addirittura del 7% rispetto a chi ci è andato nel 2009. E non solo. Sempre dal primo gennaio bisognerà lavorare tre mesi in più: è l’effetto dell’applicazione del meccanismo di adeguamento alla cosiddetta speranza di vita. Siccome si vive più a lungo, bisogna anche lavorare di più.

Difficile contestare la logica dei numeri che spinge i responsabili degli enti di previdenza a scelte sempre più dolorose. C’è un solo problema: ad essere penalizzati sono solo i giovani, mentre chi è già in pensione, per effetto del principio della salvaguardia dei diritti acquisiti, affermato anche di recente dalla Corte costituzionale per annullare alcuni contributi di solidarietà imposti a pensionati, può permettersi veramente di vivere in un altro universo. Dove il rapporto tra contributi versati e pensioni ricevute è inesistente. Dove non bisogna tener conto della sostenibilità degli enti di previdenza. Dove chi è entrato può guardare chi gli paga la pensione dall’alto in basso. Questo è l’eredità, che rischia di diventare ogni giorno sempre più drammatica, degli ultimi due ministri del lavoro. Non a caso, quasi la metà dei risparmi consentiti dalle ultime riforme previdenziali è stata bruciata per salvaguardare gli esodati.



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