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Perché Morsi ha decretato lo stato di emergenza in Egitto

Violenze senza fine nell’Egitto del secondo anniversario della rivoluzione. Dopo gli scontri a piazza Tahrir e a Suez di venerdì, e quelli sanguinosi di ieri a Port Said, ieri ci sono state nuove vittime – sette secondo l’ultimo bollettino ufficiale – nella città sul Mediterraneo all’imbocco del canale di Suez.

Violenze che hanno indotto il presidente Mohamed Morsi a dichiarare stasera lo stato d’emergenza per 30 giorni a Port Said, Suez e Ismailia. “Avevo promesso di non prendere misure straordinarie a meno che non fossi stato costretto, e ora lo sto facendo. Dichiaro lo stato di emergenza nelle città di Ismailia, Suez e Port Said per trenta giorni”, a partire dalla mezzanotte locale, ha detto Morsi apparendo in tv dopo quattro giorni di violenze. Il premier ha aggiunto che “la protezione della nazione è responsabilità di tutti. Noi affronteremo ogni minaccia alla sua sicurezza con forza e fermezza, nel rispetto della legge”. Il leader ha anche convocato un incontro per un “dialogo nazionale” con tutti i leader politici del Paese, opposizione compresa.

Poco dopo l’annuncio, circa 200 dimostranti hanno comunque sfidato lo stato d’emergenza a Ismailia, scendendo in piazza e gridando slogan contro il presidente. Le proteste odierne erano scattate durante i funerali delle 31 vittime delle violenze che si sono scatenate ieri subito dopo la lettura della sentenza di condanna a morte di 21 imputati accusati di omicidio nel massacro che nello stadio della città il 2 febbraio dello scorso anno costò la vita a 73 supporter della squadra del Cairo el Ahly. Le vittime, tra ieri e oggi, sono state 49.

Mentre il corteo funebre sfilava per le vie della città alcuni partecipanti hanno lanciato sassi contro un vicino commissariato. Sono risuonati colpi di arma da fuoco secondo alcuni testimoni e la polizia ha lanciato gas lacrimogeni. In poco tempo per le strade di Port Said si sono riviste le scene di violenze urbane di ieri, che si sono poi spostate davanti ad un altro commissariato e alle sedi dei club dell’esercito e della polizia che sono stati dati alle fiamme. Sette i morti di questi ultimi scontri mentre la città si è ritrovata unita nell’accompagnare le bare nel funerale. Decine di migliaia di persone sono scese in strada, solcate dal lungo corteo di bare scoperte, secondo il costume islamico. Sono risuonati slogan contro i Fratelli musulmani e contro Morsi. Gli ultras del club locale di el Masri, le aquile verdi, hanno denunciato il silenzio ufficiale sulle morti di ieri, hanno chiesto una inchiesta immediata del ministero dell’Interno e minacciato di boicottare le prossime elezioni.

Tafferugli con lancio di molotov e lacrimogeni si sono susseguiti per tutta la giornata anche nel centro del Cairo bloccando uno dei ponti che poi sfocia in piazza Tahrir, mentre scontri si sono rivisti anche a Suez attorno alla prigione della città e in serata nuovamente ad Alessandria.
L’annuncio di Morsi appariva ormai inevitabile: il governo è sotto attacco anche da parte dei rappresentanti delle forze dell’ordine. Il ministro dell’interno Mohamed Ibrahim è stato fatto allontanare dai funerali dei due ufficiali della sicurezza centrale uccisi ieri a Port said. Gli ufficiali nella moschea lo avevano accusato di non avere dato attrezzature adeguate alle forze di sicurezza per fronteggiare la protesta dilagante.

Ansa


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