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Effetto tagli sul Pentagono

L’orologio ha ripreso a correre. I tagli automatici al bilancio federale in caso di mancato accordo scatteranno il 1 marzo. Un rinvio c’era stato dopo l’intesa sulla finanza pubblica evitando il baratro, il fiscal cliff, ma ora che la mannaia si avvicina il Congresso sembra non fare molto per volerla fermare, scrive la Reuters.

Il senso di inevitabilità di cui parla l’agenzia britannica si accompagna alla preoccupazione del Pentagono e dell’industria militare. La riduzione per il bilancio della Difesa dovrebbe infatti essere di circa 50 miliardi di dollari. Un taglio “devastante”, secondo Chuck Hagel, fresco di nomina alla guida del Pentagono che chiede un piano di riduzione del deficit di bilancio così da evitare misure che, spiega, “metterebbero a rischio la capacità d’azione e creerebbero problemi ai programmi di investimento”. I repubblicani con Paul Ryan, accusano i democratici di non volere altri tagli su altri programmi sociali che potrebbero salvaguardare la difesa. Di contro i democratici rinfacciano ai rivali la contrarietà a nuove imposte.

Alla Camera, spiega la Reuters, sta inoltre aumentando l’influenza di deputati favorevoli al fatto che anche i militari si facciano carico di parte della riduzione del deficit.

Il Pentagono intanto ha iniziato a spiegare cosa comporteranno gli eventuali tagli. Prima di tutto un congelamento delle assunzioni di personale civile, misura che colpirà i veterani che al momento costituiscono il 44 per cento del personale non militare. Tagli anche ai contratti a tempo determinato e alla manutenzione di aerei e navi pianificata per la fine dell’anno. La Marina prevede una riduzione della spesa pari a 1,4 miliardi nella East Coast, di 681 milioni in California, di 110 milioni nelle Hawaii. E se la cosiddetta sequestration dovesse entrare in vigore il 1 marzo potrebbe essere costretta a ulteriori tagli per 4 miliardi.

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