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Il Redditometro? Da bluff mediatico a farsa nazionale

La vicenda del Redditometro è uno degli esempi più fulgidi di come il tema fiscale viene affrontato. Introdotto da Tremonti e Berlusconi per giustificare lo smantellamento delle misure antievasione varate dal governo Prodi, e reso operativo da Grilli e Monti, il rinnovato strumento viene oggi disconosciuto da tutti i “padri” che non esitano a proporne la modifica o l’eliminazione.

Breve excursus del Redditometro

Fino al 2008 l’accertamento sintetico e il redditometro venivano utilizzati nella normale prassi degli uffici operativi solo in via residuale ed essenzialmente nei confronti di contribuenti sconosciuti o semi-sconosciuti al fisco, quando dalle indagini effettuate questi soggetti risultavano acquirenti o utilizzatori di beni e servizi, indicativi di un tenore di vita del tutto ingiustificate rispetto ai redditi dichiarati e non attribuibili ad alcuna specifica attività o rendita. L’Ufficio fiscale, anche in presenza di elementi indicativi di maggiore capacità contributiva procedeva all’accertamento del reddito complessivo in via sintetica solo quando non era in grado di collegare il maggior reddito, presunto dal tenore di vita del contribuente, alla sua ordinaria fonte di reddito( impresa, professione, capitale, fabbricati, etc. etc,). Ciò nella considerazione che la via maestra per accertare il reddito effettivo( e assicurare la maggiore corrispondenza dell’accertato alla reale capacità contributiva del soggetto) non può che essere la ricostruzione, anche eventualmente in via induttiva, dei singoli redditi che partecipano a determinare il reddito complessivo del contribuente. Nel 2008 il Governo Berlusconi, con Tremonti ministro dell’Economia, dando seguito alle promesse fatte in campagna elettorale, ha modificato radicalmente la strategia di contrasto ai fenomeni di evasione fiscale avviata con ottimi risultati dal precedente governo procedendo alla immediata abrogazione di strumenti di controllo fiscale, introdotti nel 2006-2007, che costituivano un forte ed efficace deterrente ai più noti e diffusi fenomeni di evasione fiscale (elenco telematico clienti e fornitori, misuratori fiscali telematici, tracciabilità dei compensi, etc,etc). Nel contempo con grande clamore mediatico lo stesso governo Berlusconi ha puntato sull’accertamento sintetico come strumento principe di lotta all’evasione fiscale di massa, prevedendone il potenziamento anche attraverso la previsione di nuovi e più puntuali indicatori di capacità contributiva (nuovo redditometro), che tenessero conto anche del contesto territoriale e familiare.

I numeri del nuovo Redditometro

Dopo quasi 3 anni, con grave ritardo, ma con il solito grande clamore mediatico, è stato finalmente partorito il nuovo Redditometro (Dm 24.12.12), preceduto dal redditest, un software fai da te che consente di valutare la coerenza tra il reddito familiare e le spese sostenute nell’anno. Il nuovo redditometro vale per gli accertamenti relativi ai redditi 2009 e a quelli degli anni successivi; si compone di oltre cento voci di spesa e di 55 tipologie di famiglie, individuate per aree geografiche (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Isole) e consente uno scostamento del 20%. Si considerano sostenute dal contribuente le spese relative ai beni e servizi effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico. L’amministrazione finanziaria entro il mese di marzo predisporrà le liste selettive dei contribuenti a rischio di evasione da assoggettare a controllo.

Controllo possibile, ma improbabile

Dal piano triennale 2012–2014 dell’Agenzia delle Entrate emerge che per l’anno 2013 sono stati preventivati circa 35.000 accertamenti con determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche. Considerando che il numero dei contribuenti italiani supera i 40 milioni di soggetti, è evidente che il numero dei soggetti che verranno realmente controllati, cioè 35 ogni 40.000 contribuenti, non scoraggerà certamente gli evasori. D’altra parte, pur facendo affidamento sul fatto che il nuovo redditometro dovrebbe consentire un sensibile miglioramento nella selezione dei soggetti da sottoporre a controllo, neanche il dato qualitativo, cioè l’entità del gettito prevedibile da tali accertamenti, sembra migliorare la situazione. Difatti la maggiore imposta media accertata nel 2011, per gli accertamenti con determinazione sintetica del reddito, è risultata di circa 16.000 euro per soggetto accertato, l’ammontare complessivo della maggiore imposta accertata pari a 586 milioni di euro, l’ammontare complessivo della maggiore imposta concretamente definita con adesione o acquiescenza (cioè non contestata) di circa 108 milioni di euro. E’ probabile che nel 2013 con l’impiego del nuovo redditometro si potrà recuperare qualcosa in più, ma il risultato sarà ben lungi dal produrre sensibili effetti dissuasivi, visto che il controllo è possibile ma improbabile, che le relativa sanzioni sono del tutto irrisorie in caso di acquiescenza o adesione (16.6%), e che l’entità della maggiore imposta accertata media è ampiamente fuori dai parametri che fanno scattare la violazione penale.

Il Redditometro potrebbe favorire l’evasione Iva

L’uso generalizzato del Redditometro non potrà che favorire ulteriormente l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, che già attualmente è l’imposta più evasa. Con l’applicazione del redditometro l’imprenditore o il professionista evasore paga solo Irpef, perché il maggior reddito accertato sinteticamente non è collegato alla fonte di reddito tipica dell’imprenditore o professionista (reddito di impresa o di lavoro autonomo), ma viene imputato direttamente al reddito complessivo. Con la conseguenza che l’accertamento non colpisce l’Iva, l’Irap e gli oneri previdenziali, che pure sarebbero dovuti.

(sintesi di un’analisi più ampia che si può leggere qui)

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