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Viaggio nella Comunità di Sant’Egidio

Ufficialmente non vi è ancora alcuna indicazione di voto. E, molto probabilmente, non arriverà mai. Ma è quasi certo che, in occasione della prossima tornata elettorale di febbraio, i cattolici voteranno in maniera quasi compatta per lo schieramento legato al Presidente del Consiglio uscente Mario Monti. Almeno queste sono le speranze di movimenti e partiti che sostengono Monti come candidato premier.

Significativo, in tal senso, il recente endorsement dei due principali quotidiani cattolici, l’Osservatore Romano e l’Avvenire. Un appoggio, quello della stampa cattolica, che alcuni esponenti ecclesiastici hanno cercato di ridimensionare, perlopiù al fine di evitare le solite accuse di indebita ingerenza. “Nessun appoggio a Monti. I cattolici sono in tutti gli schieramenti”, ha dichiarato qualche giorno fa Mons. Rino Fisichella. Ma lo stesso Silvio Berlusconi sembra oramai essersi arreso all’evidenza di dover rinunciare al voto cattolico: solo così si spiega l’apertura del leader del Pdl al riconoscimento delle coppie di fatto. Fra le associazioni cattoliche che sembrano più attente all’azione del premier c’è la Comunità di Sant’Egidio.

Viaggio in Comunità

Nata a Roma nel 1968, in piena contestazione sociale, all’indomani del Concilio Vaticano II, la Comunità di Sant’Egidio è oggi un movimento di laici, che comprende più di 60mila persone, impegnato nella comunicazione del vangelo e nella solidarietà con i poveri. E’, in particolare, il luogo dove il concetto di “volontariato” sembra trovare la sua espressione più alta. Tutti i componenti della Comunità, infatti, hanno un lavoro, e il loro impegno nel sociale assorbe quasi per intero il loro tempo libero. Alla Comunità, poi, è stata spesso riconosciuta, come scritto anni fa dal Corriere della Sera, la grande capacità di “trasformare la lezione dei poveri in una straordinaria macchina di mediazione politico-diplomatica”, tanto da guadagnarsi il titolo di “Onu di Trastevere”. E’ infatti grazie all’azione diplomatica della Comunità, e in primis di Andrea Riccardi, se, ad esempio, il Mozambico è riuscito a mettersi alle spalle i terribili anni della guerra civile e se in Algeria è possibile una convivenza tra un governo laico e gli estremisti islamici.

Non tutti, però, sono d’accordo con questa analisi. Se da un lato, infatti, alcuni quotidiani, quale Il Giornale, non risparmiano critiche all’azione della Comunità di Sant’Egidio descrivendola come una “lobby rossa dei finti poveri”, dall’altro lato risuonano ancora come macigni le parole scritte anni fa da uno dei più importanti ed influenti vaticanisti italiani, Sandro Magister. In un’inchiesta dedicata alla Comunità e pubblicata sul settimanale l’Espresso, Magister fece di Sant’Egidio una descrizione non particolarmente esaltante. Basta leggere, infatti, le prime righe dell’articolo: “Neanche il Papa sa bene cosa fanno quando sono tra loro. Se sapesse che quelli di Sant’Egidio hanno praticamente abolito il sacramento della penitenza sostituendolo con i mea culpa pubblici nelle assemblee di gruppo, li redarguirebbe severo. Se conoscesse le loro stranezze in materia di matrimonio e procreazione, sobbalzerebbe sulla cattedra”.

Andrea Riccardi, il regista della “operazione Monti”

Che Mario Monti disponga di un accesso diretto con l’appartamento papale nessuno lo mette in dubbio. Il primo a complimentarsi con Don Georg Gaenswein in occasione della sua ordinazione episcopale è stato, infatti, il giovane Federico Toniato, il più stretto collaboratore del premier. Ciò nonostante, a Riccardi spetta il ruolo di “garante” con le gerarchie vaticane e, in queste ultime settimane, è stato il suo ufficio-abitazione nel quartiere generale della Comunità a Trastevere ad ospitare gli incontri decisivi per stabilire l’azione politica di Monti. Come ha scritto Paolo Rodari, vaticanista de Il Foglio, “Riccardi ha giocato d’anticipo e, di fatto, ha spiazzato tutti”. E la decisione di Berlusconi di scendere nuovamente in campo ha di certo semplificato le cose. Che il Segretario di Stato Tarcisio Bertone sostenesse sin dall’inizio l’azione di Riccardi non è un mistero. “L’appoggio a Monti di Riccardi è figlio anche di un progetto partorito due estati fa, complice Bertone tramite monsignor Toso, di lanciare un movimento d’ispirazione cattolica alternativo a Berlusconi”, ha scritto Rodari in un suo recente articolo.

Il doppio passo indietro di Riccardi e la candidatura di Mario Marazziti

Candidato in pectore del Partito Democratico per lungo tempo quale possibile sindaco di Roma (“Fare il sindaco di Roma è cosa bellissima. Se me lo chiedesse un segretario di partito, ne discuterei con lui” disse ad inizio ottobre), pochi giorni dopo arriva il primo passo indietro. “Non ritengo di potere accogliere l’offerta. Significherebbe interrompere il mio mandato ministeriale e l’impegno nazionale al quale sono stato chiamato”, ha dichiarato Riccardi. In queste parole, molti hanno letto l’intenzione di Riccardi di tenersi pronto per un eventuale seggio in Parlamento. Un’ipotesi per di più avvalorata dal suo continuo attivismo a favore di un possibile Monti-bis e dalle sempre più incontrollate voci di una sua candidatura. Ma pochi giorni fa il secondo passo indietro: “Io penso di rimanere nella società civile e di non candidarmi”. Una decisione, secondo i suoi detrattori, dovuta ai primi sondaggi, non così rosei rispetto alle previsioni. In realtà, nella decisione di Riccardi si rinviene la volontà di non impegnarsi in prima persona, confermando, al contempo, l’impegno della Comunità di Sant’Egidio. Al suo posto, infatti, un seggio in Parlamento verrà garantito a Mario Marazziti, portavoce della Comunità. Romano, 55 anni, Marazziti conosce le stanze del potere essendo stato, per vari anni, dirigente presso il Servizio Relazioni Istituzionali della Rai, occupandosi (ovviamente) anche dei rapporti con il Vaticano. Un nome, quello, di Marazziti, che già uscì su alcuni quotidiani qualche mese fa come possibile candidato sindaco a Roma, proprio in alternativa a Riccardi stesso.

Mons. Guido Paglia, il deus ex machina della Comunità

Riccardi è sicuramente il volto più noto della Comunità ma, secondo molti osservatori, chi assume le decisioni principali è un’altra persona: Mons. Guido Paglia. Classe 1945, Paglia è stato per molti anni parroco della basilica romana di Santa Maria in Trastevere, dove ancora oggi vengono celebrate le messe della Comunità. Ma soprattutto è, insieme con Don Matteo Zuppi, oggi vescovo ausiliare di Roma, uno dei fondatori della Comunità di Sant’Egidio. Molto influente in Vaticano (ricopre attualmente anche la carica di “Ministro” per la famiglia), è molto attento alle questioni sociali e, per questo motivo, vanta amicizie importanti in ogni schieramento politico. A lui, in particolare, si deve la capacità di tenere unita la Comunità di Sant’Egidio sul fronte politico evitando, così, quelle lacerazioni che sembrano riguardare Comunione e Liberazione. Anche se, innegabile, sembra esistere, da sempre, una certa vicinanza con il “lato sinistro” dello schieramento politico italiano. Ma, soprattutto, è in predicato di essere creato cardinale in uno dei prossimi concistori. Una “promozione” che Mons. Paglia avrebbe potuto ottenere già in occasione dell’ultimo concistoro, se non fosse per quella cittadinanza italiana che, ad oggi, non è certo un vantaggio al di là delle mura leonine.


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