Balle macro-economiche. Le apparizioni di Silvio Berlusconi la scorsa settimana a Servizio Pubblico e Otto e mezzo hanno visto una serie di dichiarazioni sull’andamento dell’economia del nostro Paese che hanno fatto discutere politici, osservatori ed economisti.
La voce.info, sito animato da professori ed esperti di economia, ha ripreso alcune dichiarazioni dell’ex premier dimostrandone l’infondatezza.
Un Pil di troppo
Secondo Berlusconi, il Pil del nostro Paese non è di 1500 miliardi ma superiore perché bisogna includere, oltre a quello emerso, anche il sommerso. In questo caso il rapporto debito/Pil non sarebbe del 120% ma vicino al 94%, in linea con la media europea. Ma gli economisti de La voce.info scrivono invece che il Pil calcolato dall’Istat già include il sommerso: è lo stesso istituto di statistica a spiegare che “i nuovi sistemi di Contabilità nazionale impongono a tutti i paesi di contabilizzare nel Pil anche l’economia non osservata”.
La questione del debito
Sempre alla trasmissione di Michele Santoro, il Cavaliere dichiarava che “il debito non è elevato perché bisogna confrontarlo con l’attivo. L’attivo italiano è di 8mila-9mila miliardi”, a fronte di 2mila di debito. “Aziende che hanno 2 di debito e 8 di attivo non ce ne sono”, osservava. Anche questo non è vero, spiega lavoce.info, perché “questo ragionamento vale forse per un’impresa, ma non vale per lo Stato. Infatti quello che Berlusconi considera l’attivo dell’impresa Stato è in realtà la ricchezza degli Italiani. Non è così facile tassarla.Quindi non è vero che, se le cose vanno male, i creditori dello Stato Italiano possono stare tranquilli, perché gli italiani potranno pagare (per mezzo di tasse) il debito pubblico”.
Le briglie del Fiscal Compact
Il Cavaliere aveva poi rassicurato gli italiani, dicendo che in caso di rielezione rinegozierà il Fiscal Compact, che obbligherebbe l’Italia a una insostenibile riduzione del debito di 50 miliardi l’anno. Berlusconi punta invece a una riduzione solo di 15 miliardi. L’accordo, ammettono gli economisti del sito, prevede sì la “riduzione di 1/20 l’anno del debito pubblico in eccesso rispetto al limite del 60 per cento”, ma l’Ue “non ci chiede di ridurre il debito di 50 miliardi l’anno, neanche di 15. Basta mantenere l’avanzo strutturale ai livelli programmati”.
Questione di spread
Anche sullo spread Berlusconi aveva fatto male i conti, secondo gli economisti capitanati dal bocconiano Tito Boeri. Alla trasmissione di Lilli Gruber, Otto e mezzo, dichiarava: “Di fronte ad un rischio nel sottoscrivere i titoli di questi debiti dei paesi cosiddetti cicala […]. gli investitori, sapendo di investire in titoli che potrebbero essere a rischio, chiedono un premio di rischio, cioè chiedono l’aumento dell’interesse. Contemporaneamente il debito tedesco – il debito di cui nessuno può dubitare – ha potuto abbassare gli interessi, e quindi mentre noi siamo saliti al 6 per cento, la Germania è scesa all’ 1%“. Lo spread tra titoli pubblici tedeschi ed italiani è in effetti influenzato dall’andamento di entrambi i titoli ma – osservano gli esperti – risulta abbastanza semplice individuare il contributo di ciascuno all’andamento dello spread. Il contributo allo spread dato dalla crescita dei tassi sul debito italiano è stato quantomeno maggioritario. In ottobre e novembre 2011, la crescita dei tassi di interesse sui titoli italiani ha rappresentato da un minimo del 48 per cento ad un massimo del 75 per cento con una media del 62 per cento. La situazione appare molto diversa rispetto al 2012 in cui il contributo dei tassi italiani è diminuito progressivamente mentre il livello dello spread è rimasto relativamente elevato in buona parte per il permanere di bassi tassi sul debito tedesco (da febbraio 2012 il contributo della crescita dei tassi italiani è stato inferiore al 50 per cento).
Le quotazioni di Mediaset
Infine, anche sull’andamento della sua maggiore azienda, Mediaset, Berlusconi aveva mentito: “Mediaset è andata di pari passo all’indice della Borsa Italiana”, rispondeva a chi gli faceva notare un miglioramento dell’andamento del titolo dopo l’annuncio di un suo nuovo impegno in politica. Ebbene, a partire dal 7 dicembre, giorno successivo all’annuncio della candidatura, l’indice FTSE-MIB guadagna circa l’11 per cento. Il titolo Mediaset, invece, ha una performance decisamente più alta, come evidenziato dal grafico. Ad oggi- sempre rispetto al 7 dicembre- guadagna quasi il 35 per cento. Anche volendo tornare indietro al precedente annuncio di Berlusconi (27 ottobre 2012) prima di una lunga serie di tira e molla – concludono gli esperti de la voce.info – si ottiene un’immagine del tutto simile. Rispetto a fine ottobre, Mediaset guadagna il 45 per cento, rispetto al 12.4 per cento dell’intero indice FTSE MIB.