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Addio ai vecchi taxi simbolo dell’India post-coloniale

E’ arrivata alla fine della corsa la Padmini, il vecchio taxi indiano del tutto simile alla 1100D Fiat. Mentre sono da tempo consegnate alla storia le vetture in Italia, le loro sorelle indiane ancora trasportano clienti e attirano l’attenzione dei turisti e dei nostalgici abitanti di Mumbai. La loro presenza sulle strade è limitata nel tempo. Ne rimangono in circolazione poco più di 8.000, un numero sbiadito rispetto alle 63.000 della fine degli ani ’90. Allora il colore giallo e nero della loro carrozzeria dominava la scena del traffico metropolitano. Ora il loro destino è segnato: estinguersi senza sostituzione. Un’ordinanza dello stato del Maharashtra impedisce la circolazione, per motivi ambientali, dei taxi con più di 25 anni di età, mentre la produzione è sospesa dal 2008, quando si era comunque ridotta a pochissimi esemplari.

Con il Padmini – il nome sanscrito di una principessa del XIV secolo – scompaiono un simbolo della prima industrializzazione e un ricordo della Mumbai post-coloniale. La produzione è iniziata su licenza Fiat nel 1964 e soltanto nel 1973 il nome Padmini è stato designato per inaugurare i modelli usciti dalle linee della Premier Automobiles Limited. Anche se l’accordo è durato soltanto per 9 anni, il taxi a Mumbai e’ stato sempre riconosciuto come un prodotto Fiat. Le sue caratteristiche intercettavano le necessità di un Paese povero sulla via della motorizzazione. La vettura era solida, resistente, bisognosa di scarsa manutenzione. Il suo peso di 900 kg la rendeva sicura, senza tuttavia uguagliare l’ingombrante Hindustan Ambassador, la sua rivale nelle grandi città. Era la soluzione ideale per i taxisti, i clienti, gli amministratori; per questo ha resistito tutti questi anni.

Oggi è sostituita da modelli più leggeri, eco-friendly, con tutte i requisiti delle nuove applicazioni. Il suo destino è comparire nelle corse per auto d’epoca o nelle esposizioni retrò. Con il vecchio taxi tendono a scomparire altre icone della vecchia città. Le fabbriche tessili si sono trasferite a nord, lontano dall’esuberanza dei nuovi grattacieli del centro che le hanno rimpiazzate. Le costruzioni art decò sono lasciate alla decadenza; è più conveniente abbatterle che restaurarle. I quartieri a ridosso della stazione con i loro negozi al dettaglio vedono il sorgere di inediti shopping center. La città degli affari, la nuova classe media, i turisti che affollano il Taj Mahal Hotel reclamano spazi e comodità. Il fascino del passato rimane in luoghi specifici, da visitare con taxi diversi dal Padmini: nuovi, veloci e con l’aria condizionata.

Romeo Orlandi
Presidente Comitato Scientifico Osservatorio Asia


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