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Tutto quello che Grilli e Draghi
non hanno detto su Mps

C’è del marcio, non solo a Siena. La vicenda Mps, nonostante le doverose rassicurazioni del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, presenta molti punti oscuri. Quelli che hanno a che fare con gli eventuali reati penali saranno chiariti dai magistrati. Quelli che invece attengono alle valutazioni politiche meritano invece di essere affrontate con maggiore chiarezza.

Dare la croce addosso agli ex amministratori del Monte è facilissimo (oltre che, fino a un certo punto, corretto) e anche buttare la palla nel campo del Pd è una tentazione comprensibile.

Pensare però che gli italiani abbiano tutti l’anello al naso è francamente eccessivo. In questo senso, il gioco della grande stampa cartacea è stato volto ad occultare tutti i profili di imbarazzo riguardanti due attori non marginali, Banca d’Italia e Tesoro.

Solo due siti internet hanno cercato di sfondare il muro di gomma innalzato a protezione delle due istituzioni. Linkiesta ha pubblicato il documento con cui gli ispettori di via Nazionale riscontravano tutte le “anomalie” di Mps che, evidentemente, non potevano essere ignorate da Mario Draghi e Anna Maria Tarantola (allora, rispettivamente, Governatore e capo della Vigilanza di Bankitalia). Dagospia invece ieri ha svelato il clamoroso incontro a Milano fra lo stesso Draghi e il ministro Grilli che oggi è stato audito dalle commissioni Finanze di Camera e Senato. Che cosa vuol dire tutto questo?

Grilli e Draghi non sono amiconi, non si vedono spesso ed entrambi (soprattutto l’attuale numero uno di Eurotower) tengono molto alla loro indipendenza. Perché quindi vedersi di tutta fretta alla vigilia dell’appuntamento parlamentare?

Il documento reso noto da Linkiesta e non ripreso dalla grande stampa tende a testimoniare la consapevolezza della Banca d’Italia a proposito dei rischi che stavano maturando nell’istituto senese. Come se non bastasse, appena esploso il caso – pochi giorni fa – l’ufficio stampa di via Nazionale aveva scritto su Twitter un messaggio allusivo secondo il quale la sostituzione del duo Mussari-Vigni non era stata casuale ma frutto di una moral suasion della banca centrale.

Un tweet, questo, rimasto senza conseguenze eppure esplosivo: altro non sarebbe che una ulteriore conferma che Bankitalia sapeva. E quindi aveva omesso, oppure assai attenuato, la propria vigilanza. Si tratta di una semplice supposizione, è chiaro. Fatto sta però che nessuno ha ritenuto di volere o potere approfondire la questione. Anzi, di fronte all’incredibile rendez-vous di Draghi e Grilli nessun editoralista si è sentito di porre la domanda “perché?”.

In questa vicenda tanti hanno da fare mea culpa. I dirigenti di Mps in primis e ovviamente quelli della Fondazione. Tesoro e Banca d’Italia, preposti rispettivamente alla vigilanza della fondazione e a quella dell’istituto di credito, forse non hanno tutto quello che era nelle loro prerogative. Forse. Ciò che è certo è le pur evidenti responsabilità del Pd e del Pd senese non possono essere un tana libera tutti per gli altri protagonisti di questa pagina finanziaria, in realtà ancora tutta da scrivere.



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