Skip to main content

Voto utile o voto inutile: è questo il vero problema?

La questione del voto utile (quello dato ad uno dei due ex-poli) oppure inutile (quello dato agli altri) continua a popolare il dibattito elettorale, anzi ne rappresenta il convitato di pietra. L’invito a “non disperdere i voti” altrimenti vince la sinistra o vince la destra, viene lanciato dai leader politici ad ogni passo avanti dei partiti “terzi” rispetto al bipolarismo.  E’ una delle deviazioni della logica e bugie presenti in questa campagna elettorale.

Il problema è complicato: il bipolarismo all’italiana è drammaticamente fallito, ma ci troviamo a votare comunque con un sistema elettorale disegnato per il bipoplarismo. Il “porcellum” (pleclaro esempio del detto, chi la fa l’aspetti) contiene sbarramenti e premi di maggioranza, per cui i voti dati a partiti che non raggiungano il quorum, o che non facciamo parte di una coalizione possibilmente maggioritaria sarebbero “persi”.

La vera domanda è come eleggere un Parlamento con un sistema elettorale maggioritario, a fronte di una offerta politica estremamente variegata e complessa?  E’ necessario uscire dal falso dibattito tra voto utile e voto inutile.

Innanzitutto bisogna chiarire che l’unico voto inutile è quello non dato. L’astensione non è una protesta verso la politica, è una protesta verso la democrazia! Il voto è il momento che ci definisce come membri liberi ed a pieno diritto di una comunità nazionale. Il non esercizio di questo atto di espressione di libera volontà non è solo un insulto a chi ha combattuto per dare o ripristinare questo diritto, è una rinuncia alla propria dignità di uomo libero.

Tutti i voti dati, incluse le schede bianche sono voti utili. Non importa a che partito vadano, essi sono utili perché espressione della libera volontà dei cittadini Italiani. Tutti contano, tutti sono importanti ed utili, purché siano liberi da condizionamenti e rappresentino l’ espressione reale del pensiero del singolo. L’insieme delle singole espressioni di voto determinerà una maggioranza che, su nomina del Capo dello Stato, governerà, a fronte di una opposizione parlamentare che ne influenzerà le scelte. Questa è la nostra Costituzione.

Il sistema però funziona solo se  il voto è libero da condizionamenti (di qualsiasi tipo). Ed infatti in Italia ha funzionato male, perché, nella bipolarizzazione destra-sinistra, la maggior parte dei cittadini votava “turandosi il naso”. Questo stallo ha bloccato l’evoluzione del sistema politico, al punto che maggioranza ed opposizione hanno cominciato a governare assieme, più spesso in forma occulta, altre volte in forma più palese, con il meccanismo della concertazione. Lo sviluppo di nuove forze è stato bloccato per decenni e la concertazione ha fatto il resto, eliminando quello Ying e Yang tra maggioranza ed opposizione che è il cuore della democrazia parlamentare. Malato di voto condizionato e concertazione, il Paese si è bloccato. Il successivo tentativo di bipolarismo non è riuscito a funzionare perché un polo non aveva democrazia interna, mentre l’altro era una forzatura, un coacervo di posizioni politiche troppo distanti tra loro. Ecco perché il voto dato di controvoglia a grosse coalizioni, contro le proprie intime convinzioni, per paura di essere irrilevante,  è in realtà un voto dannoso. E’ un voto che altera il campione statistico. La composizione parlamentare che ne risulta non rappresenta il Paese. In termini scientifici, il dato non sarebbe accettabile per la presenza di un “bias” interno.

Una variante del voto a naso turato è il voto di colui che, sentendosi politicamente accorto, vota per uno dei gruppi che nei sondaggi hanno forza maggiore. Beh! Perché votare allora? Tanto è tutto deciso dai sondaggi.  A parte le considerazioni sulla nota imprecisione dei medesimi, vi è una confusione fondamentale sul ruolo dei sondaggi. Essi servono ai partiti per capire l’andamento delle loro impegno elettorale, non al cittadino per capire chi votare!

Ancor più dannoso è il voto clientelare. Il voto clientelare (che molti considerano utile e furbo) è quello dato ad una coalizione presso la quale si hanno delle presunte o reali entrature.  Questo è un voto che “dopa” il sistema. Ci lamentiamo della presenza invasiva e pervasiva della politica nel nostro lavoro  e nelle nostre vite, ma poi votiamo per un partito presso il quale abbiamo entrature.

Il voto corporativo, e cioè il votare per il partito che rappresenta gli interessi particolari (gli statali piuttosto che gli autonomi, i pensionati, i dell’industria, i professionisti o quant’altro) rappresenta invece un voto illusorio. E’ un voto che si alimenta dell’illusione che i problemi settoriali siano risolvibili senza un approccio generale di sistema. Anche in questo caso si cade nell’errore di pensare che sia possibile risolvere un problema usando la stessa mentalità che lo ha generato (Einstein).

Definito che tutti i voti sono utili, ma alcuni sono dannosi perché alterano le regole del gioco, è giusto riflettere sul concetto di utilità. Utilità non è un concetto astratto, deve essere definito l’ambito della utilità. Un voto è utile all’ottenimento di un qualcosa. Se si ha paura di cambiare, se si vuole favorire la propria corporazione o gruppo di potere, se desidera che il Paese sia ancora governato per concertazione tra cricche trasversali, se si è ancora ancorati a divisioni tra destra e sinistra, allora il voto a Fare non è utile.

Se si vuole costruire una società aperta al merito ed al talento, un’Italia che, pur mantenendo i valori tipici della nostra cultura, dia la possibilità alle nostre aziende di competere nel mondo, e generi uguali opportunità per i giovani e le donne, allora il solo voto utile è quello dato a Fare. L’Italia ha voglia di un secondo rinascimento, ma bisogna avere il coraggio di portare questi valori in parlamento, e realizzarli, dai banchi di governo o da quelli della opposizione.

Mario Strazzabosco
Primario e professore di gastroenterologia alla Bicocca – è uno dei candidati di Fare per Fermare il declino al Senato in Lombardia


×

Iscriviti alla newsletter