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Bersani, dalle primarie all’incubo del ritorno del Giaguaro Berlusconi

“Ho appena chiamato chiamato Pier Luigi Bersani per fargli i miei e i vostri complimenti per aver vinto le primarie”.

Era il 2 dicembre dello scorso anno quando Matteo Renzi, con queste parole, concedeva a Pier Luigi Bersani la vittoria alle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra. Un momento di grande entusiasmo per il partito democratico che sembrava destinato ad affrontare le elezioni con vitalità e concrete prospettive di successo.

“La nostra forza – diceva Bersani a inizio 2013 – è di essere una grande forza popolare, pluralista, dove ci sono tanti protagonisti e c’è una sintesi”.

La campagna elettorale del centrosinistra ha puntato forte sui temi del lavoro e della “realtà” della situazione italiana, a fronte delle molte promesse di Berlusconi. E Bersani, da Milano, prometteva una “lezione” al Cavaliere.

“Ancora sette giorni – diceva il segretario ripetendo il tormentone elettorale – e lo smacchiamo il giaguaro”.

Poche ore dopo la chiusura delle urne, però, l’ottimismo degli instant poll si dissolveva rapidamente e il braccio destro economico di Bersani, Stefano Fassina, doveva commentare così le prime proiezioni, definite dal Pd “preoccupanti”.

“Se si confermassero vorrebbe dire che l’Italia ha enormi problemi e che è difficile formare un governo e si dovrebbe tornare a elezioni”. E, per restare sulla metafora del giaguaro, arrivava subito la stoccata del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. “Il giaguaro sta bene – ha detto l’ex radicale – e corre velocissimo”.

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