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Bo Xilai non collabora. Ed è in sciopero della fame

Niente più abiti Armani dal taglio perfetto. La nuova immagine dell’ex stella della politica cinese potrebbe essere quella di un uomo 63enne emaciato e dalla barba lunga sino al petto. Secondo le ultime indiscrezioni su Bo Xilai riportate dalla Reuters, l’ex alto funzionario comunista al centro del più grave scandalo politico in Cina da decenni si rifiuta di collaborare con gli inquirenti ed è entrato diverse volte in sciopero della fame, tanto da dover essere ricoverato almeno in un’occasione.

Fino a marzo dell’anno scorso Bo era uno dei politici più in vista del Paese, leader del partito nella megalopoli di Chongqing, municipalità di 32 milioni di abitanti, dove alla lotta alla criminalità e a campagne di propaganda che riecheggiavano il maoismo aveva affiancato un modello economico fatto di politiche sociali e finanziamenti pubblici, antitesi del maggiore liberismo su cui puntava la dirigenza nazionale.

Il “nuovo Mao”, come è stato spesso definito è stato a lungo tra i nomi in ballo per entrare nel nuovo comitato permanente del Pcc, capace di attirare l’attenzione staccandosi con i suoi modi dal grigiore del funzionario cinese medio, e forte del prestigio derivante dall’essere un principino rosso, figlio di uno dei cosiddetti “otto immortali” compagni rivoluzionari di Mao.

Trascorso un anno dalla sua ultima uscita pubblica, Bo è in attesa dell’inizio del processo in cui dovrà rispondere di corruzione e del ruolo nell’omicidio dell’uomo d’affari britannico, Neil Heywood. Accuse non ancora formalizzate ma di cui ha dato conto l’agenzia ufficiale Xinhua.

Le condizioni fisiche di Bo che, specifica la fonte, non è stato torturato, non permettevano di mostrarlo durante il processo. Questa è stata una delle ragioni del rinvio, ha spiegato una delle fonti vicine alla famiglia all’agenzia britannica.

D’altronde già la trasformazione fisica di Gu Kailai, moglie di Bo condannata lo scorso agosto a morte con sospensione della pena per il delitto Heywood, aveva scatenato dibattiti tali da far pensare che in aula al posto della brillante avvocatessa ci fosse una sosia. A settembre toccò invece a Wang Lijun finire sotto processo per corruzione, abuso di potere e diserzione ed essere condannato a 15 anni di carcere.

Lo scorso febbraio la fuga nel consolato Usa di Chengdu del super-poliziotto braccio destro di Bo nella lotta contro la criminalità organizzata fece scoppiare lo scandalo. Secondo quanto riferito da un libro inchiesta dei giornalisti Pin Ho e Wenguang Huang, di prossima uscita in Gran Bretagna, Wang avrebbe in precedenza chiesto asilo politico al consolato britannico di Guangzhou, offrendo in cambio informazioni sulla morte dell’uomo d’affari inglese alle dipendenze del suo boss.

Altri filoni del caso riguardano il tentato spionaggio con intercettazioni ai più alti livelli dello Stato e lo scandalo di presunti conti off-shore per 136 milioni dollari. Tanto materiale da maneggiare mentre la Cina attende di copletare la transizione al potere con l’insediamento di Xi Jinping alla presidenza il prossimo marzo.


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