Nell’ultima settimana di gennaio le prime pagine sono state monopolizzate dal caso Monte Paschi, la terza banca italiana, travolta da uno scandalo che ha pochi precedenti. Il buco registrato nei conti del Monte, su cui sono in corso le indagini da parte della procura di Siena, ha causato non solo un terremoto finanziario che ha costretto l’ex presidente della banca, Giuseppe Mussari, a dimettersi dalla guida dell’Abi, ma anche un’aspra polemica che ha coinvolto sia la politica che gli organismi di vigilanza, a partire da Consob e Banca d’Italia.
Riferendo alla Camera, il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, ha difeso l’operato della banca centrale, ritenendo del tutto adeguata l’azione di controllo effettuata su Mps. Ma in difesa di Via Nazionale è intervenuto addirittura il presidente Giorgio Napolitano, con un appello a salvaguardare l’immagine della principale istituzione economica nazionale. Nel mirino delle polemiche sono entrati anche Mario Draghi, ex governatore di Bankitalia e oggi a capo della Bce, e lo stesso Pd, ritenuto il principale interlocutore politico della banca senese. Il che, a meno di un mese dal voto del 25 febbraio, fa temere possibili ripercussioni nelle urne.
Nel gran calderone di accuse e controaccuse, è rimasto un pò sullo sfondo l’altro grave problema che si apre al Monte dei Paschi, e cioè quello legato al destino della banca, dei 6 milioni di clienti e dei 31 mila dipendenti; questi ultimi già molto sacrificati da un piano di ristrutturazione lacrime e sangue, varato recentemente con l’intento di sostenere la banca in un momento di grave difficoltà. Su questo specifico aspetto della vicenda il diario ha intervistato due leader del sindacato bancari, Agostino Megale della Fisac Cgil e Massimo Masi della Uilca Uil, che pur divergendo sul piano (non firmato dalla Cgil) concordano però sulla ormai inderogabile necessità di avviare una operazione trasparenza a livello nazionale, per fare finalmente luce su cosa sta accadendo.