Rapporti economici, tensioni con la Cina e la questione nordcoreana saranno al centro dell’incontro tra il presidente statunitense Barack Obama e il premier nipponico, Abe Shinzo, in visita a Washington. Nelle intenzioni del primo ministro giapponese, tornato al governo lo scorso dicembre, il viaggio servirà a rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti a suo dire allentati, a esempio per le tensioni sul ricollocamento dei militari Usa di stanza a Okinawa, durante gli esecutivi democratici che si sono succeduti a Tokyo tra il 2009 e il 2012, rompendo la continuità di governo lunga decenni dei conservatori.
L’attenzione è principalmente verso le dispute territoriali nel Mar cinese orientale per la sovranità sulle isole Senakaku – Diaoyu, rivendicate anche da Pechino. La salvaguardia delle isole, ha sottolineato Washington, ricade nel patto di sicurezza nippo-statunitense, ma l’eventualità di un conflitto aperto in una regione vitale per l’economia mondiale è considerata da evitare. I toni restano tuttavia alti.
Alla vigilia del viaggio intervistato dal Washington Post, il premier Abe ha attaccato Pechino nella cui dirigenza, a suo dire, sarebbe radicata l’attitudine al conflitto con il Giappone e altri Stati della regione per fomentare il nazionalismo e cementare la propria autorità. Parole inaudite per il governo cinese. C’è poi il capitolo Pyongyang con i due leader che non potranno evitare di discutere di eventuali sanzioni contro il regime nordcoreano in risposta al test nucleare di due settimane fa e dal mandare un segnale forte affinché non continui con le provocazioni.
L’alleanza tra Tokyo e Washington passa per l’economia. In agenda la cosiddetta Abenomics con cui il premier giapponese spera di far ripartire la terza economia al mondo con la svalutazione dello yen e gli interventi pubblici e la discussioni sulla Trans-Pacific Partnership, l’area di libero scambio cui il mondo industriale giapponese vorrebbe il governo aderisse, ma osteggiata dalla potente lobby agricola.
Ron Kirk, rappresentate statunitense per il commercio, ha spiegato alle Reuters che i negoziati dovranno essere aperti a tutti i settori. Senza escludere tuttavia che l’intesa finale possa comprendere qualche trattamento di fiducia. Per il bene dell’alleanza.