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Così Bruxelles vuole che si estragga il petrolio

Si delineano nuove e stringenti regole per chi vuole estrarre idrocarburi dai giacimenti off-shore. I negoziatori del Parlamento e del Consiglio europeo hanno infatti raggiunto un accordo, illustrato ieri dal Commissario UE per l’energia Gunther Oettinger e che sarà sottoposto al voto della commissione competente a marzo. L’obiettivo è quello di produrre entro il 2013 una Direttiva che possa definire il quadro regolatorio entro il quale gli Stati membri dovranno muoversi per emanare armonicamente nuove norme nazionali (ci saranno tre anni di tempo per recepire la direttiva, non esattamente un battito di ciglia).

Il succo dell’accordo politico riguarda la definizione di nuove regole sul rilascio delle licenze per l’upstream, l’affidamento ad autorità nazionali della verifica  della sicurezza degli impianti per l’estrazione, la predisposizione obbligatoria da parte delle compagnie di piani di emergenza soggetti ad approvazione preventiva delle autorità nazionali.

In sostanza e in sintesi, prima di cominciare le operazioni di ricerca e di prospezione, e ovviamente di estrazione, le compagnie dovranno presentare un rapporto che descrive nel dettaglio le attività di trivellazione programmate e i pericoli potenziali.  Inoltre le società interessate dovranno produrre un piano di intervento di emergenza che descriva le attrezzature di prevenzione e protezione disponibili e le disposizioni necessarie per limitare i rischi ed allertare le autorità in caso di incidente.

Ma non basta: le compagnie saranno pienamente responsabili per gli eventuali danni ambientali provocati. Per i danni all’ecosistema marino, la zona geografica di riferimento sarà estesa all’intera “pertinenza marina Ue”, incluse la zona economica esclusiva (ovvero 370 km dalla costa) e la cosiddetta piattaforma continentale in cui gli Stati membri esercitano la loro giurisdizione.

Un altro punto molto importante toccato dall’accordo, particolarmente sentito anche in Italia per il grande numero di progetti di esplorazione in itinere, è  l’obbligatorietà della trasparenza per il pubblico di informazioni rilevanti sugli standard applicati. Nel caso di campagne esplorative in nuove zone marine (in Italia ci sono decine richieste di permessi di ricerca ed esplorazione, dall’Adriatico allo Ionio, al Mare di Sicilia) si dovrà avviare una consultazione pubblica e le società proponenti, attraverso i loro siti web, dovranno fornire informazioni chiare e standard su tutte le attività programmate.

Nei prossimi mesi vedremo se la Direttiva seguirà pedissequamente l’impostazione delineata da Oettinger, o se ci sarà spazio per qualche modifica. Altrettanto importante sarà verificare se il recepimento della direttiva da parte delle legislazioni dei singoli Stati – entro il 2016 – lascerà spiragli per modifiche, al rialzo o al ribasso. Di certo c’è che le nuove regole che si stanno profilando appaiono estremamente stringenti per chi vuole investire in programmi di ricerca off-shore: un fattore che probabilmente scremerà il panel delle società capaci di intraprendere attività credibili e coperte finanziariamente. Insomma l’Europa alza l’asticella e dice ai privati a caccia di petrolio in mare: dimostratemi chi siete, quanto siete bravi e quanto siete in grado di evitare danni e pericoli.

Giovanni Galgano, managing director Public Affairs Advisors

 

 


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