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Le contromosse al dissesto del suolo

Oltre cinque milioni di italiani che vivono in zone pericolose esposte a frane e alluvioni, e più di 6.500 comuni (l’82% del totale) che hanno aree a rischio idrogeologico. La superficie critica si estende per oltre 29.500 kmq (9,8%) del territorio nazionale. Tra le regioni più esposte, Calabria, Umbria, Valle d’Aosta, Liguria e Toscana, Lazio, Campania. Numeri, questi, che escono fuori dalla conferenza nazionale sul dissesto del suolo, dove si parla soprattutto di prevenzione e mitigazione del rischio, con delle proposte pronte nel cassetto da tirare fuori una volta alzato il sipario sul nuovo Parlamento e sul prossimo governo.

Secondo il coordinamento delle sigle (associazioni, sindaci, professionisti del settore, tecnici ed esperti) che hanno promosso la conferenza “le emergenze scattano ormai sistematicamente ogni autunno a causa della mancanza di un’adeguata politica di prevenzione e di governo del territorio”. L’obiettivo allora diventa quello di accendere l’attenzione della politica su questi temi guardando subito ai candidati alle prossime elezioni.
Per la prima volta l’Italia ha già scritto quali saranno le contromosse al dissesto del suolo e ai cambiamenti climatici. Si tratta del Piano sulla messa in sicurezza del territorio, contenuto nella Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, che il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha presentato al Cipe il 21 dicembre e per la quale si preannuncia una prossima riunione prevista per l’8 marzo.
“Credo che in 15 anni con 2,5 miliardi all’anno il nostro Paese possa raggiungere l’obiettivo della messa in sicurezza del territorio – dice Clini – Le risorse per il Piano dovrebbero venire dall’utilizzazione dei proventi di vendita dei permessi sulle emissioni; da una tassa di scopo sui carburanti che può garantire un’entrata fissa di circa 2 miliardi l’anno e che – precisa il ministro – non è una tassa nuova ma l’utilizzazione di una parte del prelievo che già esiste sulla benzina; dal credito di imposta per imprese che investono su territorio; e dal Fondo rotativo contenuto nel dl Crescita per aziende verdi che assumono giovani”.

L’auspicio del titolare dell’Ambiente è però che “il nuovo governo possa utilizzare il Piano per la messa in sicurezza del territorio fin da subito”.
E quanto sia importante la prevenzione lo si capisce calcolando quanto costa rimettere le cose a posto, specie se in fase di emergenza. Una stima di Legambiente parla di “un milione al giorno negli ultimi tre anni, e solo per far fronte alle spese di somma urgenza per gli eventi nel triennio 2009-2012; in totale circa 1 miliardo, anche se i danni contabilizzati sono il triplo delle risorse stanziate”.

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