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Dove andremo a finire?

Chi non se lo chiede, specie in periodo di elezioni. Chi non si sta chiedendo che ne sarà dell’Italia e delle sue prospettive? Quale genitore, guardando i propri figli la domenica mattina, non si sta chiedendo quale futuro li aspetta?
Ora, chi può permettersi faraoniche consulenze di think tanker, o di prestigiose, spesso solo a parole, società di consulenza strategica dai nomi americaneggianti, si sentirà dire, al termine di mirabolanti slides, che il modo migliore di prevedere il futuro è costruirselo. Avendo pagato parecchi quattrini per la consulenza, la conclusione apparirà l’eldorado dell’immaginazione. Un po’ come capitò a Iachino, muratore pozzallese, che non trovando mai una donna, decise di costruirsi il suo futuro a pagamento. Incappato, però, in una donna a metà, avendo ormai pagato, finì col dire agli amici che fu un’esperienza meravigliosa.
Chi non si può permettere né le prestigiose società di consulenza, né tantomeno vuole incappare in brutte avventure come il povero Iachino, si potrà accontentare di rileggersi la storia e di osservare una buona cartina geografica. Sforzarsi, insomma, di sedersi accanto ai propri figli, al pomeriggio della domenica, e fare i compiti con loro scoprendo insieme il futuro che si cela all’orizzonte. La storia dei nostri nonni o bisnonni, più di un centinaio di anni fa, fu storia di grande difficoltà e di assenza di prospettive. Il futuro era assai incerto e, soprattutto nelle regioni dell’Italia meridionale, quelle che pagarono il prezzo più alto dell’annessione condita in salsa topinambour, si assistette al fenomeno dell’emigrazione. L’emigrazione fu la risposta sociale alle difficoltà economiche contingenti ma, soprattutto, alla voglia di poter immaginare un futuro diverso per i propri figli. Non deve essere un caso che Il Foglio di Giuliano Ferrara ha dedicato nell’inserto del sabato di ieri, un delizioso articolo alla figura di Charles Paterno e alle sue fortune in America raccontate con garbo e delicatezza da Renato Cantore (edizioni Rubbettino). La storia di una famiglia, d’innesto siculo, trasferitasi in Basilicata da dove poi il patriarca Giovanni, il padre di Charles protagonista di questa storia, parte alla volta di New York in cerca di fortuna, di quello che sarebbe diventato il sogno americano. Da patriarca, qual era, avrebbe gettato le basi per unire a New York la famiglia e per fondare l’impresa, la Paterno Costruzioni, che il figlio Charles avrebbe poi reso grande. Affidandosi ai migliori architetti, intuendo le tendenze del momento, cavalcando lo sviluppo che New York stava vivendo agli inizi del secolo scorso, Charles Paterno medico per formazione, imprenditore edile per dare un futuro all’eredità paterna, si guadagnò la stima dell’establishment americano. Il Sindaco di New York lo considerava un genio. Fu amico di Giuseppe Prezzolini al quale, dopo aver contribuito alla costruzione di alcuni fabbricati della Columbia University, regalò ventimila volumi, raccolti poi nella Paterno Library.
La storia dei Paterno dovrebbe tranquillizzare anche i più ansiosi rispetto al futuro che ci attende. La campagna elettorale e, ancor meno, i vincitori che salteranno fuori dalle urne non possono nulla del nostro destino. Cosa possono fare Bersani o Renzi? Cosa possono fare i centristi di Monti, un drappello di borghesucci vissuti sulla rendita di uomini come Giovanni Paterno? Come si può pensare che impiegati della vita, di una vita a scartamento ridotto, possano illuminare il futuro di un popolo. Invertendo il corso, l’onda lunga della storia che con i suoi battiti veementi sceglie le facce del pianeta da mettere in primo piano?
Quello che conta è quello che siamo dentro, lo spirito che alberga in ognuno. Abbiamo dentro gli stessi geni dei Paterno e siamo pronti a salire sui piroscafi per avventurarci nel futuro sacrificando come i Paternò anche pezzi dei propri cognomi. Altro che i viaggi a dosi controllate di avventura a bordo di yacht affidati alle mani esperte di Giovanni Soldini! Citando un celebre spot  diremmo: “Ti piace vincere facile”.
Dobbiamo tornare nei ventri dei piroscafi, nelle terze classi, a respirare gli umori dei nostri simili, unico cibo di giornate di fatica, dura, in preda all’incertezza l’unica sola madre delle opportunità. Il libro di geografia ci potrà suggerire la destinazione del piroscafo. Se ieri era l’Occidente, il West, oggi il centro dei traffici, del brulicare di vita è l’Est. A cominciare dai Balcani fino all’estremo oriente.
Impareremo con fatica le lingue slave che sono l’incrocio della semantica universale. Facile dunque, non dobbiamo preoccuparci dei compiti dei nostri figli, ma semplicemente di farli con loro.

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