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Il rimborso dell’Imu? Fattibile, ma non realizzabile

“Anche un imbecille è in grado di inventare nuove tasse, soltanto chi è intelligente sa ridurre le spese”. Silvio Berlusconi ha calato il suo asso sulla tavola elettorale. Ma il Cavaliere è davvero nelle condizioni di dare il via a quella sforbiciata necessaria per annullare l’Imu e rimborsare ai contribuenti quanto già sborsato per la tassa nel 2012? Se dal punto di vista economico ci sono spazi per muoversi in tal senso, in una conversazione con Formiche.net l’economista Giuseppe Pennisi spiega che mancano le condizioni politico-istituzionali e la credibilità internazionale.

“La ‘proposta shock’ presentata da Silvio Berlusconi a Milano è, sotto molti punti di vista, analoga al programma stilato, soprattutto da Antonio Martino, con cui nel 1994 il Cavaliere sorprese tutti e vinse le elezioni. Occorre chiedersi se è fattibile e se è realizzabile”, osserva Pennisi. “I due termini vengono spesso utilizzati come sinonimi. I puristi della lingua italiana e del lessico economico intendono, con i due aggettivi, concetti differenti. Fattibilità vuol dire se sotto il profilo tecnico-economico il progetto può essere portato in porto. Realizzabilità se ci sono le condizioni istituzionali, politiche e sociali per attuarlo”.

Il nodo centrale
“Il punto centrale, a mio avviso, non è l’abolizione di alcune imposte (prima tra tutte l’Imu) profondamente odiate dagli italiani e le operazioni di finanza straordinaria (quali l’accordo con la Svizzera) per utilizzare capitali detenuti (in modo più o meno celato) da italiani all’estero. Su questi punti e sulla restituzione dell’Imu sulla prima casa pagata nel 2012 ci sono indubbiamente enfatizzazioni demagogiche collegate alla campagna elettorale. La chiave – sottolinea l’economista – è la riduzione di 80 miliardi di euro della spesa pubblica in cinque anni – ossia di due punti percentuali l’anno”.

Un progetto tecnicamente ‘fattibile’
“Curiosamente, anche se negli anni dei Governi Berlusconi la spesa pubblica è aumentata di circa 150 miliardi, ci sono le condizioni perché tale aspetto (la trave di volta di tutto l’edificio) sia ora ‘fattibile’ proprio grazie alle misure messe in atto negli ultimi quindici anni dai Governi che si sono avvicendati”. E questo, secondo l’economista, grazie in gran parte a strumenti tecnici. “Il più importante è la legge 196/2009, che trasforma il bilancio ‘di competenza’ in bilancio ‘di cassa’ e le varie norme da essa derivate: da quelle sulla spending review (ivi comprese quelle elaborate e approvate ai tempi del governo Prodi) al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) del 3 agosto scorso (pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo a fine novembre) sulla valutazione degli investimenti pubblici. Questi strumenti obbligano i dicasteri a scelte selettive della spesa, nell’ambito di seri vincoli di bilancio, in base agli obiettivi economici, politici e sociali quali definiti da Governo e Parlamento. Le norme esistono: occorre attuarle”.

Per i maggiori settori di spesa pubblica, “dopo vent’anni di lavoro, cifre di costi standard ormai esistono, spesso con un margine d’errore, ma tali di consentire di arginare i maggiori sprechi. Tecnicamente, quindi, il progetto appare fattibile”.

Una proposta difficilmente realizzabile
È molto più difficile dire se e in che misura, la “proposta shock” sia realizzabile. “Richiede, infatti, misure drastiche che si possono applicare unicamente con una vasta maggioranza parlamentare e una forte credibilità interna e internazionale”. “Senza dubbio – prosegue – chi ha redatto i punti essenziali della proposta conosce bene quella che gli economisti chiamano la ‘neuro-macroeconomia’, ossia l’impatto dei comportamenti e della psicologia sull’economia. Basta un progetto tecnicamente fattibile, per ridare agli italiani quella fiducia in Berlusconi che, a torto o ragione, sembrano avere perso? La neuro-macroeconomia, il sapiente saper coniugare ricette macroeconomie e psicologia degli elettori è stata la carta vincente di Berlusconi in precedenti tornata elettorale: il Cavaliere punta ancora su questa strategia (che altri leader sembrano ignorare)”.

La credibilità internazionale
Andiamo, poi, al piano internazionale. “Anche a questo livello la neuro macro-economia è elemento fondante ma questa volta potrebbe giocare contro non a favore di Berlusconi Nel 1994 e ancora nel 2001 e nel 2008 la promessa di una politica di arretramento del perimetro dello Stato in Italia suscitò varie aspettative all’estero, specialmente in seno all’Unione monetaria europea. Oggi ha ancora quello smalto? Non sembra proprio se Deutsche Bank (oggi piena di guai) è indicata, a torto o a ragione, come il veicolo di chi avrebbe orchestrato nell’autunno 2011 la manovra, concertata con leader europei, di vendita per fare andare alle stelle lo spread di titoli italiani rispetto a quelli tedeschi e mandare a casa il Governo guidato da Silvio Berlusconi. Non so in un anno e mezzo il clima è cambiato”, conclude Pennisi.

 

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