Questo blog trova abbastanza singolare che in Italia le elezioni politiche abbiano luogo anche il lunedì, giorno di lavoro delle borse. Così facendo, infatti, si amplifica enormemente il rischio di altalene russe sui mercati borsistici, il cui ciclo operativo come noto è continuo – quando stacca una borsa, inizia i lavori un’altra in una diversa parte del globo – con la sola eccezione del fine settimana. Fissare le elezioni al lunedì significa non tenere conto di molti elementi che caratterizzano il mondo in cui viviamo.
Il primo elemento è che politica e mercati non sono separati. Pur essendo mondi diversi, essi sono in costante comunicazione. A stare sui mercati sono anzitutto gli Stati che vi reperiscono tramite emissioni di titoli la provvista di debito necessario al proprio funzionamento o a rifinanziare debito in scadenzo. E’ inevitabile che chi sui mercati presta soldi agli Stati sottoscrivendone le emissioni voglia capire chi siederà nelle stanze del governo e avrà un peso in parlamento. Ed è altrettanto inevitabile che, se vedrà qualcosa di allarmante, possa regolarsi di conseguenza.
Il secondo elemento è che i mercati non si limitano ad aspettare e studiare le mosse della politica, ma ne anticipano e influenzano le dinamiche. Per capirlo, basta vedere l’insieme di circostanze che ha portato all’insediamento del governo Monti, innescato da un inasprimento nello spread e nella necessità di offrire ai mercati un nuovo esecutivo con credenziali tecniche.
Il terzo elemento è squisitamente italiano, e riguarda la commistione tra Stato e mercati. Non solo perché lo Stato è azionista di molti società, ma anche per la natura “a ciclo chiuso” dell’architettura finanziaria italiana. Un’architettura che risale agli anni ’90 del secolo scorso, e che vede le grandi banche domestiche tra i principali sottoscrittori di debito pubblico, a loro volta controllate dal mondo delle fondazioni bancarie che ha un confronto molto intenso ed inevitabile con le istituzioni e chi le occupa. Questa architettura è ben nota ai mercati, e fa sì che le riflessioni – e le reazioni – dei mercati alla tornata elettorale non interessi unicamente il debito pubblico italiano bensì anche i titoli azionari. Quali? Sicuramente quelli delle grandi partecipate dello Stato che sono quotate in borsa (Eni, Enel, Finmeccanica…), ma anche ai soggetti indipendenti dallo Stato che tuttavia hanno nel proprio attivo molto debito pubblico italiano. Chissà se, nel fissare le elezioni anche al lunedì, al Viminale avranno pensato alle grandi banche italiane o alle Generali, tradizionalmente generose sottoscrittrici del nostro debito? Se così non fosse, vorrebbe dire che è sottovalutato il rischio di “aggiotaggio politico”.