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Siamo proprio sicuri che l’economia russa sia florida?

L’anno di presidenza russa del G-20 non vedrà l’economia federale in buona forma. A metà gennaio era stato il Fondo monetario internazionale a mettere in guardia. Ora il giudizio dell’istituto economico di Washington trova la conferma nei dati del Gosstat l’ufficio statistico di stato russo . Il Pil del Paese continua a crescere ma lo fa col freno a mano tirato. Nel 2012 infatti la ricchezza interna russa è aumentata del 3,4 per cento, lo 0,9 in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ancora meno allegro il quadro se i raffronti si fanno con quelli che l’Fmi definisce Paesi emergenti o in via di sviluppo. In questa fascia di Stati le economie hanno fatto un balzo mediamente del 5,1 percento.

A gennaio di un team di esperti dell’istituto economico di Washington dopo una visita nella Federazione ha lodato i progressi compiuti in alcuni settori dell’economia di Mosca, ammonendo però che le riforme di struttura vanno a rilento. Richiami che, c’è da giurarci, riguardano lacune “classiche” del Paese. Lotta alla corruzione, affermazione dello Stato di diritto, certezza dell’ordinamento giuridico ed eccessiva presenza pubblica nell’economia. Secondo Sberbank    difficile che a breve qualcosa possa cambiare in questo scenario. Per il maggiore istituto del Paese il fatto che elite politiche e governo in carica formino un tutt’uno rende il rinnovamento simile a una utopia.

Comprensibili dunque gli appelli venuti da Duma e Cremlino alla Banca centrale per tassi di interessi meno rigidi. Un nervosismo che è anche un sintomo di impotenza. In cantiere vi sono provvedimenti, lotta alla corruzione più efficace, semplificazione di procedure doganali e facilitazioni per l’edilizia, per rendere la crescita maggiore e duratura. La realizzazione di progetti concreti trova però nella burocrazia un ostacolo potente. Ora, sempre secondo Sberbank, se non si fanno progressi in questi campi la futura crescita russa sarà bloccata tra il 2,5 e il 3 percento l’anno.

L’altro momento di rischio l’Fmi lo vede nella forte crescita del credito al dettaglio del settore bancario. Secondo dati pubblicati dalla Banca Centrale, gli istituti russi lo scorso hanno usufruito del 39% di credito al dettaglio in più rispetto al 2011. Fattore questo che ha contribuito a rafforzare la domanda interna, sostenendo di conseguenza la congiuntura. Il 13 percento di rapporto tra credito al dettaglio e Pil, mantiene comunque il mercato relativamente più asfittico rispetto a Polonia, Turchia o Brasile. Il fatto però che la crescita del settore sia avvenuta rapidamente ha spinto l’Fmi a chiedere provvedimenti contro possibili bolle creditizie.

Note positive vengono invece dalla struttura bancaria federale. La nota Fmi afferma che gli istituti russi hanno rafforzato i propri bilanci e diminuito la vulnerabilità verso possibili shock esterni. Un valore da non sottovalutare vista la perdurante dipendenza dell’economia di Mosca da gas e petrolio e il conseguente legame delle finanze pubbliche con l’export energetico, segnatamente al prezzo del petrolio. Cinghia ma anche potenziale bomba a scoppio ritardato. La minaccia è riconosciuta almeno in teoria anche dal Cremlino. La regola di bilancio che calcola gli introiti dello Stato sulla base di un prezzo medio storico dell’oro nero è stata la principale conquista dello scorso anno. Cosi come la norma secondo cui le spese dello stato non devono superare l’uno percento degli introiti.

L’analisi dell’Fmi afferma che l’alto livello di sfruttamento degli impianti industriali e la bassa disoccupazione, hanno spinto l’economia di Mosca si trova al massimo delle proprie capacità. I nuovi passi in avanti dipendono ora dalle riforme.

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