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Genesi ed effetti delle dimissioni del Papa

“Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005”. Con queste parole, pronunciate indicativamente (come detto da padre Federico Lombardi in conferenza stampa) tra le 11.30 e le 11.40, Papa Benedetto XVI ha annunciato la propria decisione di lasciare il pontificato il 28 febbraio. Una notizia che ha colto impreparato tutto il mondo cattolico, cardinali e gerarchie vaticane comprese (per diretta ammissione sempre di padre Lombardi), ma che, in realtà, era nell’aria da tempo, tanto che Benedetto XVI non ha mai smentito di prendere in considerazione l’ipotesi delle dimissioni qualora si fosse reso conto di non essere più in grado di adempiere al proprio ministero.

Il coraggio di Benedetto XVI

Che l’allora cardinale Joseph Ratzinger desiderasse, una volta compiuti i settantacinque anni di età, ritirarsi nella sua Germania per dedicarsi allo studio e alla scrittura di libri, non è certo un mistero. Si dice, infatti, che il cardinale Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si sia recato almeno tre volte da Papa Giovanni Paolo II per presentare le proprie dimissioni e che il Papa, alla terza volta, gli abbia detto: “So cosa è venuto a fare. Metta via quella lettera e parliamo di altre cose”.

Ora, finalmente, divenuto Benedetto XVI, dopo quasi otto anni di pontificato, potrà ritirarsi e dedicarsi alla preghiera ed ai suoi amati libri. Una decisione, quella di Benedetto XVI, presa in assoluta solitudine, al termine di un lungo esame di coscienza, e dovuta, in particolare, al venire meno quelle forze fisiche e mentali che sono necessarie per adempiere ad un impegno così importante quanto gravoso quale quello di capo della Chiesa cattolica. “Ingravescentem aetatem”, ovvero l’età avanzata, questa la giustificazione addotta dal Papa stesso che ha comunicato la propria decisione in lingua latina nel corso del Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Una scelta non casuale, dal momento che all’evento erano presenti quasi tutti i cardinali residenti a Roma, ovvero parte di quei cardinali che saranno chiamati ad eleggere il successore dello stesso Benedetto XVI.

Una stanchezza morale e mentale

E’ stato il pontefice stesso a dire, apertamente, la ragione che lo ha spinto ad abbandonare il suo ministero: “Lascio per il bene della Chiesa, sento il peso dell’età” ha dichiarato Papa Benedetto XVI. Questo per fugare ogni dubbio sul suo reale stato di salute, e mettere sin da subito a tacere tutti coloro che da sempre parlano di un “papa malato”. Benedetto XVI ha, infatti, gli acciacchi che normalmente può avere un signore della sua età (ottantacinque anni), ovvero dei problemi di deambulazione (come confermato anche dalla decisione di utilizzare una pedana mobile per gli spostamenti all’interno della Basilica di San Pietro) nonché dolori reumatici ed articolari. Problemi confermati dal fratello del Papa Don Georg, il quale ha anche rivelato come il medico personale abbia sconsigliato al Papa di intraprendere viaggi al di fuori dell’Europa.

I precedenti

Con la decisione di abbandonare il pontificato il 28 febbraio, il Papa ha compiuto un gesto di grande coraggio, soprattutto dopo l’esempio di Giovanni Paolo II che invece aveva deciso di vivere il proprio calvario sino alla fine dei suoi giorni rimanendo alla guida della Chiesa. Una decisione, soprattutto, storica dal momento che in epoca recente pochi sono i precedenti. Il più famoso, sicuramente, “celebrato” anche da Ignazio Silone ne “L’avventura di un povero cristiano”, è il caso di Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, che eletto Papa quasi ottantenne decise di rinunciare all’incarico dopo appena quattro mesi, il 13 dicembre 1294, una volta accortosi di tutte le manovre intorno alla propria persona. Andando avanti nel tempo, poi, vi fu il caso di Gregorio XII, veneziano, che cercò di porre fine allo “scisma avignonese” e che si dimise nel 1415 per essere nominato, poco dopo, “Pontefice emerito”. La storia della Chiesa ricorda anche altri casi di abbandono del pontificato, soprattutto in tempi più antichi, ma secondo alcuni studi anche Papa Pio XII avrebbe lasciato un documento scritto dove affermava che doveva essere considerato dimissionario nel caso in cui fosse stato catturato dai nazisti.

La previsione di Monsignor Bettazzi

Monsignor Bettazzi è un ex vescovo di Ivrea che qualche tempo fa partecipò alla trasmissione di Radio2 “Un giorno da pecora”. Interrogato sul presunto complotto, di cui parlava allora la stampa, volto all’uccisione del Papa, dichiarò subito di non credere a quelle “fantasie” ed espose subito, però, una teoria diversa sempre collegato alle notizie di stampa. “Penso sia un sistema per preparare l’eventualità delle dimissioni” – disse l’ex vescovo – “Per preparare questo choc, perché le dimissioni di un Papa sarebbero uno choc”. E aggiunse: “Io penso che lui si senta molto stanco, basta vederlo: è uno abituato agli studi”. Erano le prime settimane di febbraio 2012. Esattamente un anno fa.

Il colloquio con Peter Seewald

La decisione di Benedetto XVI giunge sì inaspettata, ma non è una sorpresa. Il Papa, infatti, non si è mai sottratto alle domande sulla sua presunta volontà di dimettersi qualora sentisse di non essere più in grado di portare avanti la sua azione. In particolare, nel corso di una conversazione con il giornalista tedesco Peter Seewald, divenuto poi un libro di circa 270 pagine (“La luce del mondo. Il Papa, la Chiesa ed il segno dei tempi”), al Papa venne chiesto se si fosse dimesso qualora lo ritenesse opportuno. La risposta, chiara e sincera, fu: “Quando un Papa si rende conto in tutta chiarezza che non è più in grado, fisicamente e spiritualmente, di esercitare le funzioni connesse al suo ministero, allora ha il diritto e, secondo le circostanze, il dovere di dimettersi”. E Papa Benedetto XVI, oggi, è stato di parola.

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