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Gramsci: Lo Piparo, Comunista liberale interessato alla cultura

Il piccolo grande ‘uomo di cultura’ del ‘900 ha da poco compiuto il 122esimo compleanno, essendo nato il 22 gennaio 1891 a Ales, e nel 76esimo anniversario della morte prematura, dovuta piu’ all’altro carcere che a quello del Regime fascista, avvenuta il 27 aprile 1937 a Roma, fa ancora discutere animatamente il mondo culturale e politico comunista. Perchè dopo tanto tempo e proprio oggi? “E’ la sua qualita’ o caratteristica originalissima che lo rende attualissimo: tra i pensatori comunisti marxisti ortodossi, è il solo ‘comunista liberale’ non staliniano che si interessa della cultura e della enorme funzione che riveste nella societa’: se fosse vivo non seguirebbe di certo la politica attiva, che del resto segui’ per soli otto anni, dal ’18 al ’26, ma si occuperebbe di quel deleterio fenomeno da tempo proposto con il mezzo televisivo, come telenovelas, reality soap, commede, film e spettacoli da quattro soldi, dove non si parla di politica, ma che funziona da serbatoio di voti”. E’ la secca risposta dello storico Franco Lo Piparo che proprio in questi giorni ha dato alle stampe per Donzelli editore la sua opera su Gramsci, ‘L’enigma del quaderno. La caccia ai manocritti dopo la morte di Gramsci’, dopo esser stato insignito del Premio Viareggio 2012 con ‘I due carceri di Gramsci. La prigione fascista e il labirinto comunista’, sempre con Donzelli. Un Gramsci comunista liberale e laico che non approva lo stalinismo, che parla di ‘divisione dei poteri’, di ‘Stato di diritto’, che tiene distinti lo Stato in quanto tale dalla Chiesa, dalle istituzioni religiose. E se queste ‘riflessioni eretiche’ fossero nel quaderno mancante, quello che “Tania porta a casa di Sraffa e Sraffa non restituisce […] il XXXII di 26 pagine, non presente negli archivi della Fondazione Istituto Gramsci”, come riporta Lo Piparo nel libro? “A questo risultato del quaderno mancante sono giunto dopo un lunghissimo lavoro tecnico e filologico: l’esame, per la prima volta, delle etichette e dei vari spostamenti dei quaderni che non sono avvenuti tutti insieme! Sembrano dettagli, ma non lo sono: e’ attraverso di essi che sono arrivato a ricostruire, anche se non credo in maniera definitiva, la vicenda umana e politica di Gramsci. Del resto i Quaderni sono come un diario di bordo e Gramsci è alla ricerca di una rotta avendo gia’ abbandonato l’ortodossia comunista e staliniana: e in questa ricerca, dove si taglia a fette tutto il suo travaglio e la sua sofferenza per ‘il tradimento’ dei suoi stessi compagni di ventura, si avverte il retroterra culturale convergente con il liberalismo di Gobetti e dei fratelli Rosselli”. Gramsci tradito dai suoi compagni di ventura: non solo Togliatti e Sraffa ma anche i militanti stessi che lo insultano in carcere fino a tirargli una pietra ben coperta con la neve! “Togliatti sa bene che Gramsci non approva politica e metodi di Stalin e ‘a modo suo’ lo protegge, dice: ‘al mio posto si sarebbe fatto uccidere’, perchè allora non si poteva essere comunisti senza essere stalinisti: il dissenso comportava la fucilazione e quando andava bene l’isolamento. Togliatti gioca d’astuzia e d’ambiguita’. Io stesso che non ero prevenuto su di lui, sono rimasto colpito dall’operazione togliattiana”. Rispetto al trattamento riservatogli dalla vulgata corrente allora, persino Mussolini prese le distanze. “Il Duce stesso in un articolo che fa impressione scrive: ‘Gramsci è morto di malattia e non di piombo’….”. E dopo la Liberazione? “Gramsci serve al Pci per il suo rinnovamento e ripensamento. Sui Quaderni editi da Togliatti si sono formati milioni di militanti! Gramsci e’ il cavallo di Troia per la via democratico-parlamentare – si pensi all’idea gramsciana della Costituente – per il liberalismo, non quello attuale, per la socialdemocrazia. L’ambiguita’ e la doppiezza di Togliatti stanno qui: da una parte contribuisce ad una Costituzione che non ha nulla di comunista, poi si serve del pensiero di Gramsci, ma non recede il cordone ombelicale con Mosca nè dopo il XX° Congresso del Pcus, nè dopo l’invasione dell’Ungheria, la cui approvazione determino’ la fuga di molti intellettuali dal Pci. Questo, credo, sia stato un grande errore”. Insomma, Gramsci e’ servito per giustificare ‘la via italiana al socialismo’, ma che tale non è stata. Ma e’ servito anche per un’altra ragione, la questione cattolica. “Gramsci non osteggia la religione, non fa guerre di religione, anzi la studia e la analizza come un fenomeno culturale e popolare, ammette la pluralita’ religiosa, ma rifiuta l’alleanza politica forte con la Chiesa, come e’ stato con il Concordato! Ecco, direi che Gramsci dello stalinismo rigetta anche l’ateismo praticante e di massa perché a sua volta diventa, come è diventato, una religione con la promessa del paradiso terrestre nell’Urss. Rifuggiva da forme, comunque, di religiosita’ sia manifesta che nascosta. Era un liberale a tutto tondo”. I Quaderni, insomma, anche dopo ‘L’enigma del quaderno’, “non hanno esaurito la loro forza propulsiva – conclude Lo Piparo – possono offrire ancora spunti utilissimi per l’oggi, per cui vanno letti e sudiati con un approccio di laicita’, diverso dai politici, così come andrebbe ristudiato, per far piena luce, il processo del ’28 e cosa si mosse prima ed attorno ad esso”. Se cioè ci fu un tentativo estremo da parte del ‘gruppo milanese’ di liberare il piccolo grande ‘uomo di cultura’, durante il suo trasferimento dal carcere al Tribunale Speciale Fascista!

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