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Grillo ringrazi Bersani, Berlusconi e Monti

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi comparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi.

Uno degli aspetti più rilevanti di questa tornata elettorale è rappresentato dal successo dei 5Stelle. Rastrellare un quarto dell’elettorato in pochissimo tempo, con mezzi economici artigianali e avendo contro tutti i media, non è un exploit da poco. Anzi esso non è mai avvenuto nell’intera storia politico-elettorale italiana di quest’ultimo dopoguerra. Il fenomeno dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, di cui si parla con stupore ancor’oggi, non solo riuscì a raccogliere solo il 5% dei votanti ma fu anche un fuoco di paglia che si estinse con la stessa velocità con la quale era divampato.

Dietro il fenomeno Grillo ci stanno la sordità e la cecità dei grandi partiti che hanno subìto il motto latino «Deus amentat quos perdere vult», Dio acceca chi vuol perdere. E che questo sia vero lo dimostrano le accecate dichiarazioni di Piero Fassino, pd, attuale sindaco di Torino, ma che è stato, recentemente, anche segretario nazionale del Pd, quindi non una stravagante figura politica di ultima fila, ma un personaggio di prua della politica italiana. Nel 2009, quando Beppe Grillo, voleva candidarsi alla primarie del Pd, per correre contro Pier Luigi Bersani, gli venne risposto che ciò non era possibile perché, in base al regolamento, alle primarie poteva candidarsi solo un iscritto al Pd .

Ma Grillo insisteva. Per cui Piero Fassino, interpellato in tv dal vicedirettore de la Stampa, Massimo Gramellini (il video è su Twitter), disse, impennandosi in tutta la sua allampanata altezza: «Se Grillo vuol far politica, fondi un partito: metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni. E vediamo quanti voti prende». Poi, strabuzzando gli occhi esoftalmici, soddisfatto come un prestigiatore che tira fuori dal cilindro, poco prima mostrato come vuoto, un coniglio bianco prendendolo per le orecchie, sibilò: «Perché, Grillo non lo fa, il suo partito?».

Beh, forse rispondendo a questo invito, Grillo l’ha fatto. Ma non il partito storico e imponente, robustamente incistato in tutti i gangli e gli anfratti del potere e senza nemmeno «mettere in piedi un’organizzazione». Grillo, rispondendo, a suo modo, all’invito di Fassino, in pochi mesi di febbrile attività, è riuscito a prendere quasi gli steessi voti rispetto a ciò che è riuscito a rastrellare il «partito che vien da lontano» (ma che, se continuerà a comportarsi così, non andrà molto lontano).


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