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I giovani, la politica e la fede. La lezione di Ravasi

Chiese sempre più vuote, con sempre meno giovani che partecipano alle varie funzioni religiose. Una realtà con la quale devono convivere quotidianamente migliaia di parroci e sacerdoti in tutta Italia e, forse, in tutto il mondo. Di questo sembra che se ne siano accorti anche in Vaticano, dove dal 6 al 9 febbraio si svolgerà l’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Una riunione, quella del dicastero vaticano della cultura, dedicata interamente ai giovani, dal momento che “senza conoscere la realtà culturale dei giovani, la pastorale rischia di offrire risposte a domande che non esistono”.

Culture giovanili emergenti

E’ questo, dunque, il tema principale attorno al quale si confronteranno per quattro giorni i membri e i consultori del Pontificio Consiglio della Cultura. Senza, però, la partecipazione dei giovani. E’ prevista, infatti, solamente una seduta inaugurale pubblica presso l’aula magna dell’università Lumsa, con un intervento del cardinale Gianfranco Ravasi, e un’udienza pubblica con Benedetto XVI. Ma niente partecipazione alle discussioni, fatta eccezione per la malgascia Fara Bemahazaka, giovane studentessa dell’Università di Firenze, che parlerà della sua esperienza come volontaria internazionale. Un’assemblea, quella del dicastero vaticano, che vuole comunque porsi in ascolto della “questione giovanile”, per meglio comprenderne complessità, frammentazione e varietà e per offrire un contributo a una più piena integrazione dei giovani nella vita della Chiesa. E significative, in proposito, sono le parole contenute all’interno del documento di presentazione dell’evento: “E’ evidente che esiste una questione giovanile nella Chiesa, a causa, tra l’altro, dell’evidente difficoltà nella trasmissione della fede”.

Il cardinale Ravasi e Amy Winehouse

Alla guida del Pontificio Consiglio per la Cultura vi è, dal 2007, il cardinale Gianfranco Ravasi, a lungo prefetto della Biblioteca Ambrosiana a Milano. Un cardinale, ma prima di tutto un sacerdote, che ha dedicato alla cultura tutta la sua vita e che, da sempre, guarda alla realtà giovanile con grande interesse e passione. Ravasi è stato il primo cardinale italiano ad aprire un proprio profilo su twitter, convinto di potere così diffondere il messaggio della Chiesa alla miriade di giovani che utilizzano i social networks, e anche nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa del dicastero vaticano ha risposto ai numerosi tweet pervenuti (tramite l’hashtag #Reply2Ravasi), nei quali i giovani si sono lamentati per i continui tagli nei fondi alla cultura e nello scarso interesse che la politica sembra mostrare nei loro confronti nel corso di questa campagna elettorale. Lo stesso Ravasi, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera di oggi, ha chiarito come “non possiamo avere una politica che sia esclusivamente di tipo economico, per quanto importanti siano questi temi”. Ma, soprattutto, non ha smentito il proprio interesse per i giovani arrivando ad auspicare una “maggiore attenzione ai giovani anche nella Chiesa, ove dovrebbero poter accedere anche ad incarichi di responsabilità”. Il cardinale Ravasi, però, sa di quanto i giovani siano lontani dalla Chiesa oggi e proprio per questo racconta di essersi “persino esposto all’ascolto di un cd di Amy Winehouse per averne la prova immediata” riconoscendo come “in quei testi così lacerati musicalmente e tematicamente emerge una domanda di senso comune a tutti”.

Musica sacra ? No, grazie

Chi si aspettava di poter ascoltare, durante i giorni della sessione plenaria, un bel corale di Bach o una Messa di Mozart è rimasto deluso. Devono aver pensato, infatti, in Vaticano che quello non fosse il modo migliore per parlare di giovani e, soprattutto, per capire il loro modo di essere e “aprire una breccia nel pessimismo e sviluppare la fede nei giovani”. Da qui, quindi, l’idea di invitare a partecipare ai lavori la rock band di ispirazione cristiana “The Sun”. Un gruppo di musicisti, guidati da Francesco Lorenzi, che normalmente si esibiscono in oratori, chiese ed auditorium e che in passato hanno cantato sia per il Papa che per i frati in Terra Santa. A loro, in particolare, il compito di raccontare la loro esperienza di musicisti rock e, al contempo, di fedeli e cercare di convincere la Chiesa che la musica rock non è solo “musica del diavolo” ma anche “strumento di evangelizzazione”.

Se Ravasi invoca la “rottamazione”

C’è chi ha letto, però, nelle dichiarazioni del “ministro” della cultura vaticano relative al ruolo che i giovani devono avere nella Chiesa e nella società una sorta di sostegno alla “rottamazione” di renziana memoria. E’ lo stesso Ravasi, però, a smentirlo. “Immaginavo saltasse fuori, ma no” – ha dichiarato Ravasi al Corriere della Sera – “la cosa è più complessa. E’ necessario dire a quelli che si sono insediati brutalmente che è ora di fare intervenire anche i giovani”. Secondo Ravasi, però, “i giovani devono iniziare a prendersi le proprie responsabilità e entrare in scena, tenendo però conto che non si comincia mai da zero” dal momento che l’errore più grande, e “più pericoloso”, potrebbe essere quello di confondere rottamazione con demolizione.

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