“Maroni siamo tutti noi”, scrive il leader del Carroccio su Twitter. Certamente tutti i 2.456.921 lombardi che lo hanno eletto nuovo governatore con il 42,8% dei voti. Ce l’ha fatta l’ex ministro dell’Interno nell’obiettivo più importante che aveva sempre dichiarato: conquistare la Lombardia per creare la macroregione del Nord, realizzando l’antico sogno di Umberto Bossi. “L’ambizione che ho non è solo di fare la grande regione del nord ma di dar vita sul piano politico a qualcosa di nuovo che rappresenti il nord, che metta insieme le forze che adesso ci sono, Lega Pdl e vedremo chi altro, sul modello bavarese o catalano”, ha spiegato oggi il neogovernatore.
Il perché della sconfitta di Ambrosoli
Il grande sconfitto è il candidato di centro-sinistra Umberto Ambrosoli, fermatosi al 38,2%, 2.194.169 preferenze. Poco hanno spostato i voti dei tanti montiani che avevano dichiarato di votare per l’avvocato penalista, da Ilaria Borletti Buitoni a Pietro Ichino. Nulla hanno potuto quelli che il Giornale chiama “salotti chic”. Sfuma così la possibilità di replicare in Regione l’impresa che due anni fa riuscì al sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Perché? Lo spiega in un’analisi sul Corriere della Sera Dario Di Vico: “L’ingrediente base della vittoria di Maroni può essere tranquillamente individuato nella ritrovata sintonia del centrodestra con le categorie produttive della Lombardia. (…). Nel dare ascolto e offrire risposte a queste comunità produttive Bobo Maroni partiva in netto vantaggio sul suo concorrente: il leader leghista è figlio di un territorio come il Varesotto dove c’è la maggiore densità europea di imprese e partite Iva in rapporto al totale della famiglie residenti. Ambrosoli sociologicamente è espressione della borghesia milanese delle professioni e per quanto si sia speso senza riserve in campagna elettorale per girare la Lombardia doveva recuperare un gap di competenze ed empatia troppo ampio”.
L’appoggio ciellino a Maroni
Un grande contributo alla vittoria di Maroni può essere dipeso dal voto di Comunione e liberazione. Anche se non c’era una linea ufficiale, molti membri del potente movimento cattolico sembra abbiano preferito la continuità con il centro-destra che ha regnato in Lombardia per 17 anni, guidato dal loro rappresentante Roberto Formigoni. Così oggi il giornale vicino a Cl, Tempi, saluta positivamente il successo di Maroni e gli augura buon lavoro: “Complice anche questo giornale, noi lombardi abbiamo rieletto la giunta Pdl-Lega spodestata dalle inchieste e l’abbiamo messa sotto la guida del bravo ex ministro dell’Interno Roberto Maroni. Soli contro tutti (i poteri), Bobo e i suoi amici l’hanno di nuovo spuntata. E bene. Contro ogni pronostico. Buon lavoro, governatore”.
Vittoria dimezzata per la Lega?
Maroni c’entra l’obiettivo Lombardia ma la Lega arranca a livello nazionale, dimezzando i suoi voti (-54% rispetto alle Politiche 2008). E preoccupanti per il futuro del Carroccio si fanno le frizioni, anche se Maroni le minimizza a “piccole questioni”, tra il governatore veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi. Francesco Lo Sardo su Europa parla a proposito di vittoria dimezzata: “Lo scontro tra Zaia, interprete della rabbia dei bossiani, e Tosi, vicino a Maroni ma soprattutto interessato a ritagliarsi un autonomo spazio per le regionali 2015 in vista di una disintegrazione della Lega, ieri è degenerato violentemente.
Bobo, incassato il Pirellone, si dimetterà come aveva promesso da leader della Lega? Se lo farà, dopo di lui il Carroccio non avrà più un segretario federale e ogni Lega farà da sé, questa è la vera idea di fondo di Tosi. I bossiani, cioè mezzo partito, dicono di no. In un congresso la Lega esploderebbe, senza congresso esploderà”.
La real politik di Maroni
Oggi, ospite di La telefonata su Canale cinque, il neogovernatore ha chiarito: “Faremo un Consiglio federale a breve in cui valuteremo i risultati elettorali e la nuova fase. Il mio mandato è a disposizione. Si apre – ha aggiunto – una fase nuova e dipende solo da noi il successo o l’insuccesso di questa nuova fase aperta con il successo in Lombardia”.
Riguardo l’esito del voto per la Lega, spiega: “non sono così negativo come qualcuno dice. Abbiamo perso rispetto al 2008, ma allora fu un boom. Sappiamo distinguere tra vittoria elettorale e vittoria politica”. “Noi – ha aggiunto – abbiamo pagato un prezzo per questa alleanza che ci ha consentito di avere una straordinaria vittoria politica. Ne valeva la pena? io dico di sì”. La real politik di Maroni continua.