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Il Motu Proprio di Papa Ratzinger

E alla fine il motu proprio, tanto atteso quanto annunciato, è arrivato. Lo ha comunicato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, nel corso di un briefing con i giornalisti. E’ da giorni, infatti, che trapelavano indiscrezioni circa la possibilità che Papa Benedetto XVI decidesse di intervenire con un motu proprio per apportare alcune modifiche o, meglio, alcuni accorgimenti alla procedura prevista per l’elezione del nuovo Papa. Lo stesso padre Lombardi, infatti, recentemente aveva ammesso che Benedetto XVI avrebbe potuto a breve intervenire sul conclave per apportare alle regole vigenti “possibili ritocchi, non certo un cambiamento della sostanza”. Un cambiamento della sostanza, quello evocato da padre Lombardi, al quale era impossibile pervenire anche solo per pure e semplici ragioni di tempo, come evidenziato dal cardinale Francesco Coccopalmerio. “Una deroga, appunto, perché per affrontare le modifiche della Costituzione Universi Dominici Gregis non ci sarebbe tempo” ha dichiarato il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi.

Le principali novità
Il motu proprio pubblicato questa mattina, ma datato venerdì 22 febbraio (il che vuol dire che oramai il testo era pronto per essere “comunicato” all’esterno già da qualche giorno), introduce quindi alcune modifiche alle procedure previste per il conclave. Benedetto XVI, nel confermare la regola per la quale il conclave deve iniziare entro 15-20 giorni dall’apertura del periodo della sede vacante (prevista per il 28 febbraio alle ore 20), conferisce ai cardinali la possibilità di anticipare la data d’inizio del conclave qualora tutti i cardinali elettori (ad oggi 115, in seguito alla rinuncia, per motivi di salute, del cardinale Darmaatmadja ed alle dimissioni del cardinale scozzese O’Brien) si trovino già a Roma. Si legge, infatti, nel testo della lettera apostolica: “Lascio peraltro al Collegio dei Cardinali la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinali elettori”. Con il motu proprio, poi, Benedetto XVI conferma la regola della maggioranza dei due terzi per l’elezione del nuovo pontefice e rafforza il vincolo di segretezza relativo alle operazioni volte all’elezione del nuovo Papa per evitare, a differenza di quanto avvenuto in passato, possibili fughe di notizie anche successive alla nomina del nuovo pontefice.

I rischi di un conclave lungo
La sede vacante avrà inizio, formalmente, solo giovedì 28 febbraio alle ore 20. Ma, di fatto, essa ha avuto inizio alle ore 11.41 di quel lunedì 11 febbraio quando Benedetto XVI, nel corso del concistoro per la beatificazione dei martiri di Otranto, ha manifestato la propria intenzione di dimettersi. Da quel giorno, infatti, tutti i cardinali elettori, e non solo loro, sanno che a breve saranno chiamati ad eleggere il nuovo Papa. Molti di loro hanno già iniziato a preparare le valigie per venire a Roma al più presto, alcuni hanno già avuto modo di parlarsi, altri di incontrarsi. Ogni giorno, e questo almeno sui quotidiani italiani, vengono pubblicate una o più interviste di cardinali che rilasciano dichiarazioni sullo stato della Chiesa e, soprattutto, su quale dovrà essere il profilo del nuovo Papa. Insomma, il collegio cardinalizio è in gran fermento sin dal giorno in cui il Papa ha annunciato la propria rinuncia e quindi Benedetto XVI si è reso conto, probabilmente, di come un lungo periodo di attesa tra l’annuncio delle dimissioni e l’inizio del conclave avrebbe potuto nuocere alla Chiesa. E gli ultimi avvenimenti, con particolare riferimento alle indiscrezioni relative al rapporto segreto su Vatileaks e alla messa in “stato di accusa” da parte di quotidiani italiani e stranieri dei cardinali accusati di avere coperto gli abusi sessuali, hanno rinforzato la convinzione del Papa di dover accelerare la procedura prevista per individuare il suo successore ed evitare, così, un possibile logoramento del collegio cardinalizio.

Evitare possibili scontri
Con il suo intervento, poi, Benedetto XVI ha posto le basi per evitare scontri e tensioni all’interno del conclave. Buona parte dei cardinali, infatti, avvertono l’esigenza, per quanto scritto sopra, di anticipare la data del conclave. In assenza, però, di un esplicito intervento del Papa, l’unico con il potere di modificare quanto previsto dalla Universi Dominici Gregis, la possibilità di modifiche ai tempi previsti sarebbe stata oggetto di discussioni, piuttosto lunghe, nel corso delle Congregazioni generali. Una possibilità, quella di accorciare i tempi, che sarebbe divenuto senza dubbio uno dei temi più controversi, forse il “tema” per eccellenza. Si sarebbero così create, inevitabilmente, nuove tensioni e frizioni tra i vari cardinali ancora prima che i porporati avessero iniziato ad affrontare, ed individuare, le priorità della Chiesa. A ciò si aggiunga che un cambiamento cosiddetto “in corso d’opera” delle norme, eventualmente stabilito dai cardinali dopo la rinuncia del Papa, avrebbe rappresentato un precedente di enorme importanza, con tutto ciò che avrebbe potuto comportare per il futuro. Una decisione, quella di Benedetto XVI, che non sembra convincere in toto lo storico della Chiesa Alberto Melloni che, in un articolo scritto sul Corriere della Sera, ha affermato che “Benedetto XVI è ancora nel pieno dei suoi poteri e può fare quello che vuole. Nessuno si meraviglierà se il Papa darà disposizioni aggiuntive su cose nelle quali non ritiene basti il buon senso. Potrebbe accorciare i tempi del conclave e non sarebbe una tragedia. Ma quella modifica sui tempi darebbe nell’occhio”. Lo stesso Melloni, poi, ricorda come “il più grande guaio della Chiesa romana (lo scisma d’occidente, ndr) fu generato proprio da una manomissione delle regole elettorali. Che nel secolo XXI si debba anticipare il conclave per paura dell’attesa evoca un fantasma”.

I dubbi di alcuni cardinali
Se il motu proprio era atteso da tutti, non tutti i cardinali, però, lo aspettavano con ansia. Molti porporati, ed in particolare quelli non legati alla Curia romana, sembrano non avere alcuna fretta di entrare nella Cappella Sistina intonando il Veni Creator. A differenza del 2005, quando i cardinali vennero chiamati ad eleggere il successore di Giovanni Paolo II, manca il candidato “forte”, la figura di riferimento, rappresentata allora dal cardinale Ratzinger. Questi cardinali, rappresentati in particolare dalla nutrita “truppa” nordamericana, vogliono avere il tempo di conoscersi e di discutere quanto avvenuto nella Chiesa negli ultimi anni. Scrive il vaticanista Andrea Tornielli su La Stampa: “Vogliono prendersi il tempo necessario per discutere approfonditamente sulle principali necessità della Chiesa, vagliare le varie opzioni”. I cardinali, infatti, secondo Tornielli, “vogliono conoscersi e conoscere meglio la reale situazione in cui versa la Curia romana” ma, soprattutto, “non sarà facile far loro accettare scorciatoie, candidature precostituite, ticket con l’abbinata Papa-Segretario di Stato studiati da chi spera di perpetrare il proprio potere e la propria influenza”. Ma questo motu proprio potrebbe aver scombussolato i loro piani.


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